giovedì 8 settembre 2016

La Stampa 8.9.16
Chicago, la città dei 500 omicidi
Delitti +47% nei primi otto mesi del 2016, a fine anno si rischia di arrivare a 700 Nessuno fa peggio, il numero è superiore alla somma di New York e Los Angeles
di Paolo Mastrolilli

Durante l’ultimo fine settimana, in città sono state colpite da armi da fuoco 65 persone, di cui 13 sono morte. Non stiamo parlando di Aleppo o Sirte, ma di Chicago.
Nel luogo che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama chiama casa, dall’inizio dell’anno ci sono stati 500 omicidi.
Una statistica da guerra, che fa impallidire New York e Los Angeles, dove da gennaio alla fine di agosto sono stati registrati in totale 409 assassinii. Si tratta del numero più alto degli ultimi vent’anni, con un incremento del 47% rispetto allo stesso periodo del 2015. L’anno passato le persone colpite in sparatorie erano state 2988, cioè più di 8 al giorno, ma stavolta si andrà sicuramente sopra la soglia delle 3000, con una proiezione di quasi 700 omicidi entro la fine del 2016.
In termini di percentuali rispetto alla popolazione, negli Stati Uniti ci sono anche città più violente, tipo New Orleans, Baltimora, St. Louis, Detroit o Newark. Nessuna, però, raggiunge i numeri assoluti di Chicago, dove nei quartieri infestati dalle gang, tipo South Side, i genitori insegnano ai loro figli come evitare le pallottole vaganti: quando sentite sparare - dicono ai bambini - buttatevi a terra.
Queste statistiche da guerra civile riportano la mente alle violenze degli Anni Ottanta e Novanta, ma soprattutto impongono di chiedersi il motivo, visto che la tendenza nelle grandi città come New York e Los Angeles è opposta.
Chicago è governata dal sindaco Rahm Emanuel, ex capo di gabinetto alla Casa Bianca nella prima amministrazione di Obama. La disoccupazione è scesa dal 6,1% del 2015 al 5,5% del 2016, in linea con quanto sta accadendo nel resto del Paese. La città poi ha leggi molto restrittive sulla vendita delle armi, che dovrebbero complicare la vita ai criminali. Dall’inizio dell’anno, infatti, le forze dell’ordine hanno sequestrato e tolto dalle strade oltre 6000 fucili e pistole illegali. Eppure gli omicidi salgono, e la mancanza di ragioni evidenti per spiegarli rende la situazione ancora più preoccupante.
Secondo il sovrintendente della polizia, Eddie Johnson, l’emergenza «è una questione sociale, non di ordine pubblico». Gli agenti fanno quello che devono, ma non basta. La disoccupazione starà anche scendendo, ma la povertà è così radicata in alcuni quartieri, che le statistiche generali hanno poco valore. «Troppa gente non ha speranze», dice Johnson, e quindi diventa facile preda della criminalità e delle gang. Molti omicidi sono semplicemente frutto delle rivalità personali fra le varie bande, che esplodono in particolare durante i weekend.
Un secondo problema sono le armi. È vero infatti che le leggi di Chicago limitano molto la possibilità di acquistarle, ma negli Stati vicini di Wisconsin e Indiana le regole sono molto più rilassate. Quindi i trafficanti vanno a comprare fucili e pistole oltre il confine, e poi le rivendono alle gang locali. Il 60% delle armi usate nelle sparatorie di Chicago, infatti, proveniva da un altro Stato.
Il terzo problema, che Johnson e il sindaco Emanuel non ammetteranno mai, è il pessimo rapporto tra la popolazione nera e la polizia. Dopo Ferguson, è un sentimento diffuso in tutto il Paese. Però il video di Laquan McDonald, un adolescente ucciso dagli agenti, lo ha esasperato a Chicago, al punto di far vacillare lo stesso sindaco. Troppe cause che si intrecciano, dunque, facendo della città del presidente Obama un campo di battaglia.