mercoledì 7 settembre 2016

La Stampa 7.9.16
Berdini: fili oscuri imprigionano Virginia grumi di potere fanno capo a Marra e Muraro
L’urbanista a un passo dalle dimissioni: o sparigliamo o è il pantano e la fine
di Jacopo Iacoboni Giuseppe Salvaggiulo

Paolo Berdini, l’assessore all’Urbanistica della giunta romana, è convinto che ormai il caso Muraro sia trasfigurato nel caso Raggi tout court. Dunque non c’è scampo: o la sindaca si scioglie dai «legami oscuri che la stanno imprigionando» o non si esce «dal pantano in cui siamo finiti dopo soli due mesi». Per questo il più politico degli assessori tecnici (una storia di militante di sinistra accanto a una lunga esperienza da urbanista per le amministrazioni pubbliche) ha deciso ieri «di sparigliare», come ha spiegato ai suoi più stretti collaboratori, «chiedendo la testa» di Raffaele Marra, il potente vicecapo di gabinetto a capo del giro stretto della Raggi, che ha fatto fuori in un colpo il capo di gabinetto Raineri e il superassessore Minenna. Perché la questione non è più solo la sorte della Muraro (già un mese fa Berdini aveva suggerito alla sindaca di considerare l’opportunità di un passo indietro dell’assessore all’Ambiente), ma quella del «grumo di potere» che ispira e condiziona tutte le decisioni strategiche di Virginia Raggi.
«Marra deve fare un passo indietro», ha detto Berdini in radio. Ma il suo j’accuse in privato è assai più esplicito, e inquietante. Ai suoi collaboratori, Berdini ha detto che «Marra è il punto di riferimento di questo grumo di potere che condiziona dalla nascita la vita della giunta Raggi. Per questo ho chiesto la sua testa». Di quale grumo di potere si tratti, l’assessore si sta facendo un’idea: «C’è qualcosa di opaco, dei fili oscuri che tengono imprigionata la Raggi, e sono difficili da identificare. In parte - ha spiegato Berdini - si capiscono o intuiscono ascoltando la prima dichiarazione di questo nuovo assessore al Bilancio, Raffaele De Dominicis, che ha detto anche in maniera improvvida (nelle conversazioni private Berdini usa un’espressione meno british) di esser stato sponsorizzato dall’avvocato Sammarco». Ma, si domanda Berdini, «perché la Raggi non taglia questi fili oscuri?».
Qui dobbiamo fare un paio di piccoli passi indietro per aiutare a ricostruire questa parte della storia. Fin dai primi passi della giunta Raggi, Berdini aveva individuato in Marcello Minenna il suo interlocutore privilegiato. L’urbanista marxista e il funzionario Consob: lontanissimi per biografie, i due avevano condiviso l’esigenza di dare alla giunta Raggi un profilo istituzionale, facendo prevalere competenza (qualunque idea si abbia poi dei loro piani) e rigore sull’avventurismo grillino e sull’ipoteca di personaggi legati alla stagione Alemanno (vedi Marra-Romeo, e Muraro). I due avevano trovato una affidabile sponda tecnico-giuridica nella Raineri, capo di gabinetto, e in Luca Bergamo, assessore alla Cultura, anch’egli di provenienza di sinistra.
L’asse si era rinsaldato su diversi dossier strategici: dal bilancio (no a suggestioni di default pilotato) alle Olimpiadi (prima di dire no, offrire un’idea alternativa e scoprire le carte di Coni e Palazzo Chigi). Quando Berdini aveva portato in Consiglio comunale una delibera sullo sviluppo urbanistico della ex fiera, era stato Minenna a evitare il peggio. I consiglieri comunali grillini si rifiutavano di votare a favore, impauriti dagli interventi dei consiglieri del Pd, che paventavano l’intervento della Corte dei Conti. Berdini li aveva affrontati di petto («Ragazzi, svegliatevi, se vi spaventate per così poco è meglio che non fate politica e tornate a casa») ma i novizi si erano ugualmente rivolti a Minenna terrorizzati. Solo le rassicurazioni dell’assessore al Bilancio sulla regolarità della delibera avevano evitato la prima crisi della giunta.
È successo che i tecnici, anche di provenienza ed estrazione politica, si erano saldati per creare un cordone istituzionale attorno alla giunta. Andati via Minenna e la Raineri, l’asse tra i tecnici non esiste più. E da giorni si susseguono voci di imminenti dimissioni di Berdini. Il quale le smentisce: «Non è vero che mi sono già dimesso. Se non cadrà la testa di Marra, naturalmente farò delle valutazioni». Berdini non è assimilabile ai poteri forti evocati dalla Raggi dopo le dimissioni di Minenna. Metterà alla prova sindaca, assessori e consiglieri sulle cose che gli stanno a cuore, dice. Ma ha deciso di spendersi nella giunta a modo suo, «sparigliando per non morire nella palude».