lunedì 5 settembre 2016

La Stampa 5.9.16
Il segreto di Pavlov nascosto nella chimica del cervello
Un nuovo studio smaschera i meccanismi profondi delle nostre decisioni
Come i cani del celebre studioso russo siamo vittime dei riflessi condizionati
di Vittorio Sabadin


Ogni giorno prendiamo centinaia di decisioni: che cosa indossare, che cosa mangiare, che cosa dire, che cosa fare. A volte decidiamo per il meglio, a volte no. Da secoli, filosofi e scienziati discutono e svolgono ricerche sui meccanismi psicologici e fisiologici delle nostre scelte. Scoprire perché le donne comprano il ventesimo paio di scarpe senza averne bisogno, e gli uomini cambiano l’auto quando quella vecchia funziona ancora benissimo, potrebbe aiutarci non solo a evitare di spendere soldi inutilmente, ma anche a ponderare meglio altre decisioni ben più importanti che dobbiamo prendere nel corso della vita.
Un gruppo di ricercatori delle Università di San Diego, di Los Angeles e della Iachan School of Medicine di New York ha fatto un importante passo avanti in questa ricerca. E’ stato scoperto infatti il modo di guardare nel cervello dei topi, inserendo nella corteccia sostanze chimiche in grado di diventare fluorescenti quando vengono in contatto con la dopamina e con la noradrenalina: si tratta di due neurotrasmettitori oggi in gran voga, responsabili il primo di attivare motivazione, punizione e soddisfazione, il secondo di spingerci ad agire. Ai topi è stato insegnato che, dopo avere ascoltato un particolare suono, avrebbero avuto accesso a una dose di zucchero. Nei primi giorni la dopamina si illuminava nel cervello dopo avere ricevuto la ricompensa, ma negli esperimenti successivi lo faceva con largo anticipo, subito dopo l’emissione del suono che annunciava l’accesso allo zucchero.
L’acquolina in bocca
Già nel 1903 il medico russo Ivan Pavlov aveva scoperto il riflesso condizionato che faceva venire l’acquolina in bocca ai cani dopo avere udito un campanello associato alla distribuzione di cibo. Per quello che ha fatto agli animali nel corso delle sue ricerche, Pavlov oggi finirebbe probabilmente in prigione. E’ stato premiato, invece, con il Nobel per avere dimostrato per la prima volta che il cervello controlla i processi fisiologici dell’organismo e che, quindi, un particolare stimolo determina sempre una scelta conseguente.
La ricerca americana conferma in un modo meno empirico la sua teoria e avrà ora un collaterale e importante seguito nella lotta contro il Parkinson. Ma potrebbe anche arrivare a spiegare per quale ragione mangiamo troppo anche se sappiamo che fa ingrassare, continuiamo a fumare anche se sappiamo che uccide, e mandiamo messaggi dallo smartphone mentre stiamo guidando, anche se il texting è tra le prime cause di incidenti stradali.
Il problema è che il nostro cervello ha due modi di pensare. Uno è logico: analizza gli eventi, ne valuta ogni aspetto, mette a confronto le soluzioni possibili e sceglie quella che alla fine ritiene migliore. L’altro è intuitivo ed è molto più potente del primo. Il sistema logico è lento, richiede molta energia ed è per giunta pigro. E’ difficile essere logici, se si sta facendo un’altra cosa: ad esempio non si può risolvere mentalmente un problema se si sta correndo. Il sistema intuitivo sembra invece meraviglioso: è rapido e automatico, è come un autopilota nascosto, un falso amico che condiziona più di quanto si creda quello che diciamo, pensiamo e crediamo. E’ l’intuizione che ci fa spendere in modo impulsivo per cose di cui non abbiamo bisogno, illuminando le dopamine della soddisfazione prima ancora di avere pagato il conto. Secondo il professor Daniel Kahneman, che lavora a Princeton e ha ricevuto anche lui un Nobel, subito dopo ogni acquisto inutile l’intuizione si pente e chiede aiuto alla parte logica del cervello, perché trovi una giustificazione a quello che è stato appena fatto: qualcosa di plausibile da raccontare alla moglie o al marito quando si torna a casa.
Brutti scherzi
L’intuizione gioca a volte brutti scherzi: dovrebbe passare alla ragione le decisioni importanti che devono essere prese, perché le esamini con cura, ma non sempre lo fa. La parte intuitiva del cervello è anche responsabile della tendenza a «fare quello che fanno gli altri» e a prendere decisioni senza sapere perché. Se ad esempio si votasse solo usando la logica, molti politici palesemente incapaci non sarebbero mai stati eletti.
Sulle decisioni che prendiamo influiscono molto anche le esperienze precedenti, soprattutto quelle negative, che tendiamo a ricordare di più. E’ stato dimostrato che in una relazione di coppia occorrono almeno cinque «momenti buoni» per compensare un solo litigio: seguendo l’intuito, si può dunque decidere di lasciarsi, pensando di fare la cosa giusta anche quando i momenti felici sono più numerosi di quelli burrascosi. La ragione deciderebbe diversamente, ma è noto che ragione e amore non sono mai andati molto d’accordo.