venerdì 30 settembre 2016

La Stampa 30.9.16
Al binario 8 arriva la globalizzazione
di Francesco Guerrera

In arrivo al binario 8, la globalizzazione. E’ una notizia di quelle che non si dimenticano: la Cina ha creato un ponte ferroviario tra l’Est e l’Ovest che permette a merci e cargo di andare da Chengdu, uno dei cuori pulsanti della rivoluzione industriale dell’Oriente, a Rotterdam, porto storico dell’Occidente, in 15 giorni.
Battezziamolo Dragone di Ferro, in omaggio agli Indiani d’America che chiamarono le prime locomotive «Cavalli di Ferro», e cerchiamo di capirne le implicazioni per l’economia mondiale.

Quando sarà completamente operativo nel 2017, questo servizio muoverà tonnellate di merci cinque volte a settimana: un «fiume» ininterrotto di esportazioni (da Est a Ovest) e materie prime (nell’altra direzione) che potrebbe cambiare il volto del commercio internazionale. Dovrebbe essere più veloce delle navi e più capiente degli aerei, una versione moderna e più «europea» della leggendaria Transiberiana.
Ci dobbiamo preoccupare noi occidentali? Un poco. Pechino non ha certo intrapreso uno dei più grandi progetti ingegneristici dell’era moderna per fare un favore all’Europa o agli Usa.
La ferrovia Chengdu-Rotterdam è un’elegante forma di imperialismo economico. Come nel Far West, le rotaie sono il mezzo che giustifica il fine: conquistare nuove frontiere.
Nel caso della Cina (e della Russia che ha permesso alla ferrovia di passare per i suoi territori), la conquista non è territoriale, ma commerciale. Con un’economia in rallentamento dopo due decenni di crescita sfrenata, Pechino ha bisogno di nuovi mercati e di nuovi mezzi per raggiungerli. Se le navi e gli aerei non bastano, non resta che usare i treni.
D’altra parte, i beni cinesi a basso prezzo fanno comodo un po’ a tutti. A chi vuole l’iPhone a prezzi appetibili e a chi piace comprare i giocattoli al supermercato, ma anche alle grandi società manifatturiere, che hanno spostato la produzione di macchine, mobili e vestiti dal «vecchio» Occidente all’Oriente meno caro (e meno disposto a rispettare i diritti dei lavoratori).
A livello macro-economico, il Dragone di Ferro aiuterà a rivitalizzare il commercio estero, la globalizzazione e, forse, la crescita del globo. Dopo anni d’espansione, il commercio mondiale è crollato negli ultimi anni, colpito da tensioni protezionistiche, rallentamenti economici e problemi geopolitici dagli Usa al Giappone, passando per l’Europa e l’America Latina.
Le autorità mondiali sono preoccupate. L’Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico ha detto di recente che la riduzione nel commercio internazionale potrebbe causare un «arresto cardiaco» nell’ economia mondiale. Christine Lagarde, la capa del Fondo Monetario Internazionale, ha attaccato i fautori del protezionismo proprio questa settimana. E i guru dell’Economist hanno dedicato l’edizione di questa settimana ad una difesa appassionata della globalizzazione.
Una ferrovia, anche se lunghissima, non risolverà tutti questi problemi ma l’ambizione e la grandeur dell’iniziativa sino-olandese sono segni che le grandi potenze del pianeta non hanno abbandonato la speranza di continuare a crescere scambiandosi beni e servizi. Anche quando produttori e destinatari sono divisi da migliaia di chilometri.
Ma guardando il percorso del treno della globalizzazione, Cina-Russia-Kazachistan-Polonia-Germania-Olanda, bisogna anche riconoscere la bellezza poetica di un’opera che trascende il proprio valore economico. Una mandria di «cavalli di ferro» al galoppo su praterie, steppe e deserti, che collega l’Oriente manifatturiero all’Europa dei consumatori ma anche le rispettive culture, storie e popolazioni.
A ben guardare, erano anni che aspettavamo il Dragone di Ferro sul binario 8.
Francesco Guerrera è condirettore e caporedattore finanziario di Politico Europe.