La Stampa 30.9.16
Renzi, ritorno a Firenze
D’Alema e sinistra Pd nel mirino
“Vogliono restare minoranza”
“L’Italicum è meno importante del referendum”
di Fabio Martini
Eccolo
il loro Matteo, i fiorentini della «ObiHall» applaudono l’ex sindaco
diventato capo del governo, anche se soltanto in tre, quattro si alzano
per la standing ovation e giù in platea c’è qualche poltroncina vuota: è
un pathos freddo quello dei fiorentini, che poi si scioglie in continui
battimani grazie all’arte oratoria e politica del presidente del
Consiglio. Siamo alla «ObiHall», il teatro dove sette anni fa l’allora
giovane Matteo Renzi (aveva 34 anni) lanciò la sua sfida, poi vinta,
alle Primarie per il sindaco, alla nomenclatura «comunista» di Firenze. E
dove in questo 29 settembre 2016 si apre la campagna per il Sì, anche
se in realtà il presidente del Consiglio è in campo dalla primavera
scorsa. Certo, mancano ancora due mesi e 4 giorni al voto per il
referendum costituzionale, ma Renzi - a dispetto delle dichiarazioni -
ha deciso di «super-personalizzare» la campagna. Impegnandosi in quello
che si preannuncia il più capillare giro d’Italia elettorale mai
compiuto da un capo di governo. Una campagna massiccia che, prima del
rush finale, Renzi ha deciso di dipanare su due piani: provvedimenti di
governo il più possibile finalizzati al consenso, individuazione e
ripetizione degli slogan destinati ad incrociare il maggior favore
dell’opinione pubblica. Da questo punto di vista i comizi nei teatri
sono utilissimi per capire gli umori della platee in carne ed ossa e
dunque per affinare le battute da replicare negli studi televisivi. E
lui stesso, parlando ai fiorentini, si lascia scappare una battuta: «Vi
farò vedere alcuni video, devo fare la prova audience di tante cose...».
Due
ore prima di tornare a Firenze (dove in mattinata aveva partecipato
all’assemblea della Coldiretti), Renzi aveva parlato a Perugia, dove
aveva confermato la scelta di puntare sull’impopolarità di Massimo
D’Alema come «testimonial» negativo della campagna per il Sì: «D’Alema
sui punti della riforma, per storia personale, è totalmente d’accordo.
Ma siccome ha come obiettivo la distruzione di una persona e di
un’esperienza, fa la sua battaglia. Auguri. D’Alema è un esperto di
lotta fratricida. Citofonare Romano Prodi e Walter Veltroni per sapere
di che stiamo parlando!».
Una deriva polemica e potenzialmente
rissosa che Renzi non ha replicato sull’altro argomento che ha suscitato
polemiche in queste ore: la sua affermazione che il referendum si vince
con i voti degli elettori di destra. Affermazione che ha fatto scattare
gli strali della minoranza del Pd, ai quali Renzi si è rivolto con
queste parole: «Un autorevole esponente della minoranza Pd mi ha
criticato perché voglio prendere i voti di destra. Sì, forse è per
questo che si chiama minoranza, io vorrei chiamarmi maggioranza. Se non
prendi il voto degli altri ti chiami minoranza, io voglio essere
maggioranza».
Poi apre di nuovo sulla modifica dell’Italicum, ma
con toni più convinti del solito: «A me costa fatica perché credo che
l’Italicum sia la legge elettorale perfetta. Ma sono pronto a cambiarla.
Perché la legge elettorale è meno importante del referendum».