La Stampa 29.9.16
Addio Shimon, campione della pace
di Giorgio Napolitano
Presidente emerito della Repubblica
La
scomparsa di Shimon Peres mi colpisce e addolora profondamente. Israele
perde un campione ineguagliabile della causa del pieno riconoscimento
dei diritti del popolo ebraico, del risarcimento delle terribili
sofferenze e umiliazioni ad esso inflitte dal nazismo con la
corresponsabilità di tutti i movimenti antisemiti; della causa del
diritto dello Stato di Israele a esistere e vivere in libertà, nella
sicurezza e nella pace. Più in generale, scompare con Shimon Peres un
protagonista di primo piano della politica internazionale, sempre
portatore di saggezza e di equilibrio. Italia e Israele sono state -
anche negli anni delle nostre Presidenze al vertice dei due Stati -
nazioni vicine e amiche, unite dalla storia, da un patrimonio comune di
valori democratici, e dal comune interesse allo sviluppo di un
Mediterraneo prospero e stabile.
Con lui ci conoscemmo trent’anni
fa in Israele e gettammo le basi di rapporti fecondi di amicizia
personale, di reciproca comprensione e di appoggio convergente
all’impegno per il negoziato e la pace tra Israele e popolo palestinese.
Da quell’impegno, vitale innanzitutto per il futuro del Medio Oriente,
egli non si distaccò mai, prima e dopo aver avviato insieme con Yitzhak
Rabin, quella svolta storica che gli valse il Premio Nobel.
Il
dialogo che è continuato tra noi anche dopo aver lasciato i rispettivi
incarichi di Presidente, ed è continuato in termini di fraterna
vicinanza umana e condivisione politica, è stato tale da farmi sentire
la scomparsa di Shimon Peres come una struggente perdita personale.
Nella
primavera del 1986 il Pci, a conclusione del suo Congresso di Firenze,
mi affidò la responsabilità della politica estera e delle relazioni
internazionali del partito. Decisi di mettere subito in programma un
viaggio in Israele. Errori e malintesi ci avevano reso difficile un
rapporto con quella realtà. In ottobre, su invito del Comitato
Internazionale per la Pace in Medio Oriente, effettuai quella che fu la
prima visita di un dirigente del Pci in terra d’Israele. Incontrai a
Gerusalemme Shimon Peres, allora Ministro degli Esteri, e avemmo una
lunga, intensa e distesa conversazione con al centro il tema del come
avviare un negoziato di pace tra Israele e i palestinesi. Peres lo
voleva, ma era difficile per lui accettare l’Olp come interlocutore.
Ragionammo oggettivamente su quale altra strada potesse essere seguita e
in qualche modo risultò che non se ne vedeva alcun altra.
Gli
sviluppi successivi dell’iniziativa di Peres per intraprendere una
trattativa di pace nell’interesse di Israele e del popolo palestinese,
furono condotti da Peres con grande apertura e realismo e culminarono
nell’azione decisiva del governo di Rabin e ancora di Peres stesso. E da
allora crebbero relazioni nuove, schiette e amichevoli, tra Pci e
Israele. Diedi conto in interventi pubblici, già durante quella mia
prima visita del 1986, delle finalmente equilibrate e chiare posizioni
cui era giunto il Pci.
Quelle posizioni diventarono parte
integrante della politica dell’Italia, delle sue rappresentanze
politiche e dei suoi governi verso Israele. Da Presidente della
Repubblica, nel 2008, ricevendo la Laurea Honoris Causa dalla Università
Ebraica di Gerusalemme, esposi organicamente la mia visione della
questione israeliana e israelo-palestinese; ed ebbi modo, dal Quirinale,
in molteplici occasioni pubbliche, di esplicare fino in fondo la mia
battaglia contro l’antisemitismo comunque travestito e per la difesa dei
diritti di Israele, mai trascurando peraltro di sollecitare
atteggiamenti più positivi da parte dei suoi governanti verso le ragioni
dei palestinesi.
Peres è stato una delle maggiori e più ispirate
personalità politiche internazionali che abbia incontrato negli ultimi
trent’anni; il mio rispetto e la mia ammirazione per lui si sono
tradotti in profonda e limpida amicizia personale fino a ieri.