La Stampa 27.9.16
No. Tormentoni sul web e professoroni in tour ma mancano i soldi
Si cerca di coordinare i sei diversi comitati Nel centrodestra l’incognita Berlusconi
di Amedeo La Mattina
C’è
chi lo dice esplicitamente, chi si trincera dietro gli aspetti tecnici.
Soprattutto quelli che usano il linguaggio giuridico del «combinato
disposto» della riforma costituzionale con l’Italicum che produrrebbe
gravi danni alla nostra democrazia. Ma di fatto tutti e sei i comitati
nazionali per il No hanno un solo obiettivo: disarcionare Renzi da
Palazzo Chigi, mettere in crisi il governo, aprire un’altra fase
politica. Un esercito trasversale che marcia diviso e vuole colpire
unito. «70 giorni per sconfiggere Golia», sostiene Alessandro Di
Battista. Al centro del mirino c’è Renzi, le sue promesse, le politiche
economiche del governo, l’incapacità di porre un freno all’immigrazione:
queste le carte più forti che giocano gli avversari del Sì. Compresa la
Cgil che ha indicato pollice verso ai suoi iscritti, senza però
costituire propri comitati.
Più tecnici invece gli argomenti del
comitato presieduto da Gustavo Zagrebelsky e Alessandro Pace (ne fa
parte anche Stefano Rodotà). Sono quelli che con sarcasmo velenoso il
premier chiama «i professoroni che pontificano». «E noi - dice il
vicepresidente di questo comitato, Alfiero Grandi - di questi
professoroni ce ne facciamo un vanto perchè sono sinonimo di competenza.
Saranno loro a spiegare in giro per l’italia e in televisione che è
meglio tenerci questa Costituzione piuttosto che quella porcheria.
Questo comitato del No, che non è formato solo di costituzionalisti (ci
sono personalità come Maurizio Landini), si articola in 510 comitati
locali. Dispone solo di 180 mila euro. È chiaro che, votando il 4
dicembre, le già povere casse avranno bisogno di essere rimpolpate.
Infatti, spiega Grandi, nei prossimi giorni si riprenderà la
sottoscrizione che si era interrotta per raccogliere fondi per i
terremotati.
Sono mondi e comitati destinati a non incrociarsi
nelle piazze, nei cinema, nei teatri, negli auditorium. I 5 Stelle non
ne vogliono sapere di collaborare , nella convinzione che la vittoria
del No porterà benzina nel loro motore per dare la zampata finale alle
politiche e prendersi il governo. Utilizzeranno molto Beppe Grillo,
tornato a fare il capo politico, e l’esperienza fatta da Di Battista nel
suo estivo «cost to cost» anti-referendario. Il centrodestra (domani si
riuniscono i capigruppo per coordinare la campagna referendaria) ha
diversi frontman. Il più attivo è Brunetta. Berlusconi, dicono i suoi
collaboratori, si farà vedere dalla fine di ottobre: ha promesso che a
novembre tornerà in Tv. Ma sono in pochi a crederci. Si vedrà poco e
niente invece Stefano Parisi. Tra qualche settimana comincerà a girare
Giorgia Meloni, che ha partorito da pochi giorni. Intanto Fabio
Rampelli, l’uomo macchina dei Fdi, è convinto che il merito della
riforma sarà sempre più in primo piano man mano che ci si avvicinerà al 4
dicembre: «E noi dobbiamo parlare delle nostre proposte, a cominciare
dal presidenzialismo». Il messaggio del centrodestra (almeno di coloro
che ci credono) è: votate no per far torna unita la coalizione.
Salvini
annuncia che il 12 novembre a Firenze verrà dato «il preavviso del
licenziamento di Renzi» in una manifestazione nazionale. A casa del
premier, il primo di ottobre, anche quelli della Sinistra italiana che
sui social hanno cominciato a far circolare post spiritosi come quello
in cui si vedono Brad Pitt e Angelina Jolie e lo slogan «Non sempre
basta un sì». All’appuntamento fiorentino del Sì ci sarà uno dei
«professoroni» (Lorenza Carlassare) e Guido Calvi, presidente del
comitato costituito da Massimo D’Amema. Il quale sta battendo a tappeto
le città del Sud e non ha intenzione di fermarsi per dare un colpo
mortale a Renzi.
A coordinare il comitato dalemiano è Stefano
Schwarz: ha aperto il sito ScelgoNo.it e fa tweet per prendere in giro
il quesito referendario che «sembra una di quelle mail in cui ti
chiedono di cliccare per diventare ricco e poi ti rovinano».