La Stampa 27.9.16
Referendum costituzionale
Alle urne il 4 dicembre
D’Alema e le opposizioni: scelta irresponsabile, scoraggia gli elettori
di Francesco Grignetti
Finalmente
la data c’è. Al referendum sulla riforma costituzionale si voterà
domenica 4 dicembre. Così ha deciso ieri il consiglio dei ministri, su
proposta del premier Matteo Renzi. E quindi, dopo lunga pretattica, la
campagna referendaria entra nel vivo. Ci attendono due mesi di fuoco, al
termine del quale nulla sarà più come prima.
Renzi apre
ufficialmente la campagna per il Sì a Firenze, giovedì prossimo nella
sala del teatro Obihall, la stessa sala dove tre anni fa festeggiava la
sua elezione a segretario del Pd. E siccome Renzi si rivela attento alla
scaramanzia, ha deciso per il 29 settembre, giorno in cui, nel 2008,
annunciò la sua candidatura a sindaco di Firenze, sbaragliando poi alle
primarie i candidati di partito.
«La partita - commenta subito
dopo - è tutta qui. Qui e ora. Chi vuole cambiare, ci dia una mano.
Dandoci del tempo, chiamando un po’ di amici, facendo il volontario
sulla rete o tra la gente. Oppure costituendo un comitato».
È un
appello a unire le forze, a convincere gli indecisi, e a mobilitare i
tiepidi. In tutta evidenza, un appello rivolto innanzitutto ai militanti
del suo partito. Scrive: «Ogni sforzo è importante. Può persino essere
decisivo. La partita è adesso e non tornerà. Non ci sarà un’altra
occasione. Sono certo che non la sprecheremo».
Il 4 dicembre,
insomma, si concluderà la madre di tutte le battaglie politiche della
stagione renziana. Lo pensa lui stesso, in vena di primi bilanci: «Sono
sempre più convinto - scrive nella sua e-news settimanale - che il
marchio di fabbrica della nostra avventura sia quello di fare proposte,
non di andare contro. Non l’ho fatto nemmeno con Travaglio in tv quando
lui utilizzava parolacce e volgarità per descrivere la riforma
costituzionale e interrompeva continuamente per impedirmi di parlare». E
a chi lo invita ad alzare anche lui i toni, ribatte: «No, noi siamo
diversi dagli urlatori di professione».
Le opposizioni vedono
intanto l’occasione per una spallata al governo e si lanciano
all’attacco. Per dirla con Matteo Salvini, «il 4 dicembre io voto No per
licenziare Renzi». Oppure con Giorgia Meloni: «Finalmente gli italiani
conoscono la data di scadenza di questo governo abusivo. Il 4 dicembre
si vota per il referendum costituzionale e se vince il No, Renzi va a
casa». Per Massimo D’Alema «se perde il referendum credo che Renzi non
se ne andrà. Forse se prende una sveglia sarà un po’ meno arrogante».
Lo
scontro diventa incandescente con il M5S, che contesta perfino la
scelta della data senza consultazioni e avrebbe preferito votare subito.
«Se avesse potuto - scrivono i parlamentari grillini - il presidente
del Consiglio ci avrebbe fatto votare a Natale o magari a Capodanno,
nella speranza di scoraggiare la maggioranza degli italiani, che è a
favore del No, a recarsi presso le urne e nel tentativo di arrivare a
mangiarsi il panettone. Renzi sembra uno di quei prestigiatori del gioco
delle tre carte che, pur di vincere, sono disposti a tutto, truccando
le regole».
Il movimento di Grillo è il vero nemico di Renzi, che
gli riserva alcune parole al vetriolo: «Chiederemo sempre e comunque di
confrontarci sul merito. Sta qui la nostra diversità. Non vanno
attaccati quelli che dicono no, a prescindere, dall’Expo alle Olimpiadi,
dalle riforme ai diritti: vanno lasciati fare. Dovrà essere chiaro che
con il loro dire NO a tutto, l’Italia non ripartirà mai».