La Stampa 26.9.16
Ultimatum di Grillo a Raggi
“Basta con gli impresentabili o sei fuori dal Movimento”
Il faccia a faccia in mattinata, poi il palco della convention
di Maria Corbi
«Bello,
bello, bellissimo». Virginia Raggi sembra incantata quando sale sul
palco sfidando la superstizione con una maglietta viola. È intimorita,
forse ha paura di non essere la reginetta della festa. Poi ascolta il
popolo grillino che scandisce il suo nome: «Virginia, Virginia,
Virginia» e si tranquillizza. Certo, l’empatia è un’altra cosa, ma ci
prova a trascinare la folla assicurando: «Io non mollo». Eppure dietro a
quel palco qualcuno ci spera che lei molli, l’aggettivo cordiale non
descrive i rapporti tra la sindaca romana e le sue colleghe cinque
stelle, Carla Ruocco, Paola Taverna e Roberta Lombardi. Un’accoglienza
se non fredda almeno umida come il tempo in questa Palermo che accoglie
il popolo grillino.
Per la sindaca non è stata certo una giornata
facile: iniziata alle 10,40 di mattina con un faccia a faccia con Beppe
Grillo, presente anche Davide Casaleggio. Rocco Casalino, il
potentissimo Richelieu (prestato dal Grande Fratello) della
comunicazione grillina, assicura che è «stato veramente un bel momento».
Non per Virginia che ha dovuto spiegare quello che va facendo e,
soprattutto, non facendo a Roma, a iniziare dall’assessore prossimo
venturo al bilancio, il contestato Salvatore Tutino, magistrato della
Corte dei Conti, in odore di «casta», almeno secondo big stellati come
Di Battista e Ruocco. Grillo ha parlato chiaro, le ha detto che ha avuto
tutto l’appoggio possibile, ma che adesso deve prendersi le
responsabilità delle sue scelte, a iniziare dalla conferma della fiducia
alla Muraro. «Se pensi che sia giusto, fai quello che credi, sei tu il
sindaco...». Le conseguenze sono note e passano dal togliere il simbolo
dalla bandiera del Campidoglio. Il nodo cruciale sono le nomine. «Basta
impresentabili - ha detto Grillo - E cerca di farti conoscere. Noi non
siamo come gli altri, comunichiamo, condividiamo». E per questo Raggi da
domani inizierà a lavorare a una specie di taccuino sul sito del Comune
dove appuntare i «lavori in corso».
Insomma, il movimento non le
farà più da «balia». E anche Alessandro Di Battista conferma a Lucia
Annunziata in tv che a Raggi vanno «oneri e onori».
Così, dopo la
lezioncina di Grillo e Casaleggio, la prima cittadina della capitale
conferma che sulle nomine romane lei si confronta «con consiglieri e
assessori». Poi di corsa al Foro Italico, ad affrontare la platea della
festa a cinque stelle. Il repertorio è quello che accende facile
l’entusiasmo, a cominciare da Renzi: «Ci attaccano per ogni cosa, anche
per le mie orecchie, che sono grandi. Che ci posso fare? E la cosa
vergognosa è che è proprio il premier ad attaccarci, lui che non ha
rottamato nessuno, che siede al tavolo di Berlusconi e di Verdini,
Malagò, Montezemolo, i suoi amici». Poi le olimpiadi: «Se hanno avuto
paura e tremato per il no alle olimpiadi, dopo la vittoria del no al
referendum vedranno la loro fine». E Roma dal cui disastro Virginia si
dissocia: «È una città devastata, non c’è nulla che funzioni, abbiamo
tutto da ricostruire, ed è quello che stiamo facendo. Ieri è crollata
una palazzina e abbiamo avuto difficoltà a trovare alloggio alle 23
persone rimaste senza casa. Perché fino ad oggi tutto funzionava con il
sistema Buzzi-Carminati e noi adesso dobbiamo lavorare sull’ordinario.
Dobbiamo portare una rivoluzione normale».
«Ci dipingono come una
squadra divisa, invece non siamo mai stati così uniti», dice alla folla.
I colpevoli? I giornalisti, of course, che dagli attivisti ricevono una
buona dose di insulti e spintoni. Anche se nel backstage tutto questo
«peace and love» non si avverte. Rimane una grande distanza tra Virginia
Raggi e una parte del movimento. Soprattutto è aperta la «questione
femminile», Virginia contro Roberta Lombardi, Carla Ruocco, Paola
Taverna che le imputano di essersi allontanata dall’ortodossia grillina.
Perché, dicono, delle nomine ne puoi toppare una, ma non è possibile
fare strike, riesumando nomi dell’odiato passato. E chi vuole svilire
questa controversia a una rissa «Eva contro Eva», sbaglia . Perché in
questa frattura «rosa» si annida il tallone di Achille del movimento.