La Stampa 25.9.16
Corbyn doma la rivolta
Il Labour è ancora suo
Il
leader socialista confermato con il 62% alla guida del partito Battuti i
blairiani ormai rassegnati: sarà lui il candidato premier
di Alessandra Rizzo
Ha
vinto ancora lui, il socialista vecchia maniera che sembra uscito da
un’altra epoca, e ha messo a tacere tutti i nemici: Jeremy Corbyn è
stato confermato segretario del partito laburista con una valanga di
voti. Un risultato che ne consolida in maniera decisiva il potere
all’interno del partito dopo mesi di fronda interna durissima, ma che
probabilmente condanna un Labour sempre più spostato a sinistra a
restare all’opposizione per gli anni a venire.
L’esito non era mai
stato in dubbio e non ci sono state sorprese: Corbyn, 67 anni, barba
bianca e gli abiti trasandati di chi è abituato a scendere in piazza, ha
vinto con il 62% di voti contro un rivale debole, il deputato gallese
Owen Smith. Hanno votato più di mezzo milioni di iscritti al partito,
membri dei sindacati e simpatizzanti che si erano registrati. Conteggio
finale: 313.209 voti contro 193.229.
Il trionfatore ha offerto un
ramoscello di ulivo ai nemici sconfitti, i blairiani (o meglio
post-blairiani, vista la reputazione dell’ex premier) che si ispirano al
New Labour centrista, incarnazione del partito che dopo tutto ha vinto
tre elezioni di fila. «Le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci
dividono», ha detto Corbyn alla sala gremita nel centro conferenze di
Liverpool, città rossa per calcio e politica, dove oggi si apre la
convention del partito. «Ricominciamo daccapo, siamo una famiglia». Sarà
dura per i deputati laburisti che hanno sfiduciato Corbyn a dispetto di
una base che lo vede come una rockstar. Hanno sfidato il leader e lui è
stato eletto con un mandato ancora più ampio dell’ultima volta, un anno
fa. «La questione è risolta», ha ammesso a denti stretti uno dei
nemici, il deputato Chuka Umunna, l’uomo che molti vorrebbero al posto
di Corbyn. «É lui il nostro candidato premier».
Le elezioni sono
previste nel 2020 ed è difficile per ora immaginare un altro tentativo
di golpe, anche se il partito resta spaccato in due. Corbyn non è privo
di meriti: ha portato una ventata di entusiasmo soprattutto tra i
giovani, che lo vedono come candidato anti-establishment. Vegetariano,
pacifista, bastian contrario nei trent’anni passati ai Comuni, vuole la
rinazionalizzazione delle ferrovie e la fine del programma nucleare
britannico. I sostenitori gli hanno perdonato perfino il suo scarso
impegno contro la Brexit, un atteggiamento che ha pesato nel referendum.
Ma
il problema di Corbyn è, ha rilevato recentemente l’«Economist», che i
consensi di cui gode nel Labour non sono replicati nell’elettorato più
ampio, ben più moderato. E i sondaggi lo dimostrano. L’analisi del
settimanale è impietosa: il Labour è «scivolato nell’irrilevanza», non
offre un’alternativa credibile per Downing Street nè un’opposizione
responsabile. E il Regno Unito è diventato «un Paese a partito unico»,
per la gioia dei conservatori. Corbyn si è difeso dalle accuse di essere
ineleggibile e ha chiesto di unire le forze contro i Tory. Vedremo se
la spunterà.