La Stampa 25.9.16
Il proselitismo delle sette: web e porta a porta
“Parlano di demonio, ma sono gruppi che pensano solo a sesso e potere”
di L. Cr. - Gia. Gal.
Imprenditori,
studenti, professionisti, persino sacerdoti: nessuno è immune dalle
trappole dell’occulto. E le sette cercano adepti sul web e porta a
porta. Sulle vie d’accesso al mondo delle tenebre si incontrano uomini e
donne deboli, perseguitati, emarginati, ma anche insospettabili che
entrano per sfida o curiosità e si ritrovano con vite schiavizzate e
patrimoni prosciugati. «Ad accomunare le vittime è la dignità offesa e
calpestata», documenta l’associazione Giovanni XXIII, dove per volontà
di don Oreste Benzi è attivo dal 2002 il numero verde anti-sette
(800228866), con decine di segnalazioni ogni giorno. Le sette, sostenute
e finanziate dal colossale giro di affari di maghi, sensitivi e guru
dell’esoterismo, si strutturano in organizzazioni in competizione tra di
loro, ma che in caso di necessità si spalleggiano e si proteggono a
vicenda. Una sorta di confederazione in cui il silenzio e l’omertà sono
la regola per mantenere celate trame e business. In Emilia Romagna (c’è
un’indagine della polizia in corso) un gruppo di satanisti adescavano
minorenni, davanti a scuole e stabilimenti balneari. I reclutatori li
invitavano a concerti heavy metal. Dopo gli spettacoli invitavano i
ragazzi a serate private dove venivano drogati a loro insaputa
(soprattutto con allucinogeni e Lsd) e segretamente ripresi e
fotografati in riti di vampirismo e orge per poi essere ricattati.
Alle
associazioni che lavorano per aiutare le vittime delle sette continuano
ad arrivare segnalazioni: «Spesso più che di riti in dispregio della
religione cattolica – dice Maurizio Alessandrini, presidente di «Favis» –
si tratta di riti esclusivamente sessuali e gruppi di potere. Sono club
di satanisti nati per sottomettere donne o soggetti deboli, sia dal
punto di vista sessuale sia da quello economico. Due aspetti, questi,
che vanno sempre di pari passo». Ma più che il satanismo «tradizionale»,
oggi sembra prendere campo una nuova tendenza, «Si stanno diffondendo
associazioni e gruppi che promettono di risolvere i problemi, facendo
leva sulla fragilità di persone o momenti di debolezza dovuti a fasi
della vita, come può essere l’affrontare un lutto, perdere un amore o il
lavoro – prosegue Alessandrini – Le “sette abusanti” lavorano così,
sfruttando le debolezze e esercitando una supremazia sulle persone per
avere soldi e sesso». La Polizia di Stato ha in funzione da 10 anni una
squadra anti-sette (Sas): se i casi di satanismo autentico rappresentano
la parte minoritaria del lavoro, oggi il mirino è spostato proprio
sulle pseudo associazioni che promettono il raggiungimento del
benessere, che siano sotto forma di centri terapici o di cure
alternative. O gruppi che si presentano come «filosofici», ma che
nascondono ben altri intenti. Così la parte più difficile del lavoro
investigativo diventa la persecuzione di chi commette presunti reati
perché, il più delle volte, si ha a che fare con «vittime» che tali non
si sentono. «Come si può dimostrare che una donna è stata violentata se
lei non presenta querela e, anzi, dice di essere stata consenziente?»,
rivela una fonte investigativa. Spesso il percorso per la presa di
coscienza da parte delle «vittime» è lungo e travagliato. Come quello di
Silvia, una donna di 33 anni, sette dei quali passati all’interno di un
Ordine svizzero che sul proprio sito si rivolge a chi ha «desiderio di
conoscere il mistero dell’esistenza». «Pensavo fosse un gruppo
filosofico – ha confessato al sacerdote esorcista – invece svolgevano
riti satanici». Una fase della vita da cui la donna è uscita grazie al
sostegno del marito e alla propria fede, andando tutti i giorni a messa
per la comunione, spostandosi anche in altre chiese se, in quella del
proprio paese, non era prevista alcuna funzione. Di quel periodo, Silvia
ha un ricordo vago. «Ci sono intere fasi della mia vita che per me sono
un buco nero. Ma ho il ricordo vivo di un uomo, e di quello che faceva.
Era un ex sacerdote».