venerdì 23 settembre 2016

La Stampa 23.9.16
A Charlotte le tribù divise d’America
di Gianni Riotta

«C’è la tua verità, la mia verità, e poi c’è la verità. Molti hanno già scelto a che cosa credere» filosofeggia costernato il capo della polizia di Charlotte, North Carolina, sonnolenta capitale del cotone nel vecchio Sud, oggi metropoli economica con Bank of America, Wachovia, Lowe, Chiquita, Sonic. Il capo della polizia Kerr Putney, afroamericano, si riferisce al video che riprende uno dei suoi agenti uccidere Keith Lamont Scott, cittadino nero che sarebbe uscito dall’auto, pistola in pugno, minacciando i poliziotti a caccia di un ricercato.
Secondo i familiari di Scott, invece, l’uomo era in macchina, tranquillo, ad aspettare i figli fuori da scuola, leggeva un libro e non possedeva armi.
Ora Charlotte brucia, le aziende lasciano gli impiegati a casa, si parla di coprifuoco. Come già a Ferguson, Missouri, nel 2014, i cortei pacifici di protesta per l’ennesima vittima afroamericana degenerano in violenza, roghi, scontri, arrivano in città i militanti duri, si accendono provocazioni di gang locali, si ignorano gli appelli dei dirigenti di Black Lives Matter, gruppo che organizza le proteste, dilagano i disordini. A Charlotte già 44 arresti, 5 poliziotti e 9 dimostranti feriti. Il governatore repubblicano McCrory mobilita la Guardia Nazionale, il ministro della Giustizia Lynch chiede ai dimostranti di non invocare «giustizia con la violenza», Obama telefona al sindaco di Charlotte, Roberts, democratica, per ristabilire l’ordine. L’effetto è lo stesso dei discorsi del Presidente sulla Siria, nobili le passioni, impalpabili gli effetti: i blindati della National Guard pattugliano le strade, rievocando momenti aspri, la Guardia Nazionale inviata dal presidente Eisenhower per fermare i razzisti dell’Arkansas e aprire ai neri le scuole nel 1954, la Guardia nazionale che spara contro gli studenti in corteo per la pace, all’università Kent State, Ohio, 1970, 4 morti, 9 feriti.
Nel caos di Charlotte, durante il tentativo di invadere un locale, vengono esplosi altri colpi di arma da fuoco, un dimostrante ridotto in fin di vita, a tratti dato per «clinicamente morto», non si sa chi abbia sparato, il tam tam dei social media accusa gli uomini del capo Putney. Secondo un censimento del quotidiano Washington Post, nel solo 2016 la polizia americana avrebbe ucciso 706 cittadini, di cui 163 afroamericani https://goo.gl/VQIN0X e il dramma ha scosso le Convenzioni politiche d’estate. I democratici di Hillary Clinton hanno offerto il podio alle famiglie delle vittime, per scaldare gli elettori fedeli a Obama e scettici su Clinton. I repubblicani di Donald Trump hanno convocato ufficiali di polizia e difeso le forze dell’ordine. La propaganda ha funzionato per entrambi, Clinton vede i sondaggi risalire tra la base di Obama (per essere eletta deve ottenere il 40% del voto dei bianchi e il 70% del voto delle minoranze), Trump riceve il sostegno di sindacati e associazioni di polizia, per esempio a New York.
Ma la chiave resta nel filosofico dilemma posto dal capo della polizia, in America ormai non ci sono più valori, idee, passioni condivise e anche sui fatti, sulla realtà, ciascun individuo, gruppo, partito si crea una propria «camera dell’eco», come la chiamano gli esperti di comunicazione, e vive rinchiuso lì dentro, curvo su web e talk show, catafratto al dibattito. Il compianto senatore Moynihan amava dire «La Costituzione ci dà diritto alla nostre idee, non ai nostri fatti», ma il XXI secolo lo contraddice, il dominio nelle università Usa del filosofo postmoderno Jacques Derrida conferma la paura di Putney, la verità è un «testo», «narrativa» che tutti leggiamo a nostro modo. Nella tragedia di Charlotte la «verità» è in un video che nessuno ha visto, ma che quando sarà virale sul web tutti vedremo comunque secondo la «nostra» preconcetta verità. I sondaggi, incluso il guru dei Big Data Nate Silver, danno Trump in rimonta su Clinton, i mercati delle scommesse restano negativi sulla vittoria del palazzinaro di New York. Aspettiamo i dibattiti in tv, ma non per contare quanti cambieranno idea, per capire quanto il terrorismo ieri, e la violenza a Charlotte oggi, emozioneranno le tribù rivali, mandandole, irate, a votare in massa. A questo, purtroppo, tra America e Europa, va riducendosi la democrazia.