il manifesto 23.9.16
Da Charlotte la rabbia spacca il movimento
Nuovi scontri, colpiti anche giornalisti e attivisti «non neri», oggi nuovi cortei in tutti gli States
di Marina Catucci
Seconda
notte di scontri tra manifestanti e polizia a Charlotte, in North
Carolina. La manifestazione, cominciata pacificamente, è diventata
violenta e la polizia ha risposto lanciando lacrimogeni per disperdere
la folla che bruciava copertoni e spaccava vetrine. Durante gli scontri
un uomo è stato ferito gravemente a causa di un colpo da arma da fuoco,
le prime notizie lo davano per spacciato, poi è arrivata la rettifica da
parte del comune di Charlotte: l’uomo è vivo ma le sue condizioni sono
molto gravi.
Poco dopo è arrivata anche una seconda è fondamentale
precisazione da parte della municipalità, per precisare che a ferire il
manifestante non era stata la polizia di Charlotte, ma un civile, e che
la polizia durante gli scontri non ha sparato un solo colpo.
Il
governatore del North Carolina, per far fronte alla situazione e gestire
la piazza, ha dichiarato lo stato di emergenza ed ha convocato la
guardia nazionale, iniziativa criticata da molte voci della sinistra
americana che vede sempre questa azione come una fonte di innalzamento
della tensione, e non come elemento pacificatore. A quanto pare gli
eventi di ieri notte hanno dato corpo a questi timori.
Lo scontro
violento tra manifestanti e forze dell’ordine si è esteso anche ai
rappresentanti della stampa. Un giornalista della Cnn, Ed Lavandera, che
era sul posto per documentare le proteste, è stato attaccato da alcuni
manifestanti e buttato per terra mentre era in diretta, una donna,
invece, si è scagliata contro un giornalista della Fox, emittente ultra
conservatrice.
Dai vari account Twitter che seguivano gli scontri
sul posto o tramite i tanti livestream via Periscope e FaceBook, sono
arrivate notizie di giornalisti, per lo più bianchi, attaccati dai
manifestanti. Questo sembra essere un elemento nuovo delle
manifestazioni di protesta degli afro-americani, che ha portarto, ad
esempio, l’hacktivist Tim Pool a smettere di coprirle. Tim Pool, che da
Occupy Wall Street, nel 2011, ha sempre coperto con i suoi live le
principali manifestazioni di protesta non solo in America, ma in tutto
il mondo, aveva recentemente dichiarato di sentirsi un «target» della
violenza durante gli scontri in quanto, anche se coreano d’origine,
viene percepito come bianco, quindi attaccato.
Questo si affianca
alla richiesta del movimento politico-religioso della Nation of Islam di
boicottare i negozi e genericamente gli esercizi commerciali gestiti
dai bianchi. La linea di azione non è quella portata avanti fino ad ora
da Black Lives Matter che, invece, ha sempre visto nell’allargamento
della base coinvolta un mezzo di lotta, e che si è più volte rivolta ai
bianchi chiedendo di usare i propri privilegi per portare avanti la
causa dei diritti civili degli afro-americani.
Ieri il sindaco di
Charlotte ha annunciato di voler revisionare il filmato della polizia
che ha ripreso l’uccisione di Keith L. Scott dalla telecamera posta sul
cruscotto della macchina. Oltre a comunicare questo, il sindaco ha anche
aggiunto di non avere intenzione di rendere pubblico il filmato,
nonostante la richiesta dei familiari di Scott che sostengono che l’uomo
fosse disarmato e che in mano non avesse una pistola, come sostiene
invece la polizia, ma il libro che stava leggendo mentre, seduto in
macchina, aspettava l’arrivo del figlio.
Intanto la protesta si è
allargata ed è uscita da Charlotte. Alcune centinaia di persone sono
scese per strada a New York bloccando due delle vie principali di
Manhattan, Broadway e la quinta Avenue, nessuno scontro ma alcuni
arresti tra cui – come ha comunicato durante la notte lo scrittore ed
attivista newyorkese Keegan Stephan tramite il suo account Twitter –
quello di Ramsey Orta, ovvero l’uomo che due anni fa aveva filmato
l’omicidio per strangolamento di Eric Gardner nel quartiere newyorchese
di Staten Island da parte della polizia locale.
Per venerdì si
aspettano manifestazioni di solidarietà in tutti gli Stati Uniti dove si
vedrà anche, fuori dall’epicentro della rabbia, quale delle due linee
di protesta prevarrá, se quella unitaria di Black Lives Matter o quella
in cui i bianchi non possono essere alleati in quanto creatori del
problema, specialmente se parte dei media, dove la narrativa degli
eventi è per lo più affidata a loro.