La Stampa 22.9.16
La Raggi: fare le Olimpiadi sarebbe da irresponsabili
La sindaca diserta l’incontro col Coni: diciamo no alle colate di cemento
di Ilario Lombardo
Ore
15.07, Giovanni Malagò guarda per l’ultima volta l’orologio. Poi si
volta verso il portavoce di Virginia Raggi, Teodoro Fulgione, inviato
per prendere tempo e visibilmente imbarazzato per quello che sta per
accadere: «Ora basta, noi ce ne andiamo - sbotta Malagò - Questa è
mancanza di rispetto». Il presidente del Coni lascia il Campidoglio
assieme al presidente del Comitato paralimpico Luca Pancalli e alla
coordinatrice del comitato promotore Diana Bianchedi, tre quarti d’ora
dopo essere arrivato. L’appuntamento era fissato alle 14.30 e già non
era nato nel migliore dei modi.
In realtà, Raggi già martedì aveva
deciso di farlo saltare. Il “no” alle Olimpiadi era ormai certo.
L’indomani lo avrebbe ufficializzato. «Che senso ha incontrare Malagò a
questo punto?» si chiede. Nel pomeriggio di martedì il suo vice, Daniele
Frongia, conferma: non lo vedrà. Qualcuno dello staff si accorge però
che oltre allo sgarbo istituzionale, la sindaca sarebbe caduta in una
contraddizione evidente con quanto aveva detto per più di un mese.
«Parlerò dopo l’incontro con Malagò, abbiamo un accordo. Alla fine della
Paralimpiadi ci vedremo». Lo afferma per la prima volta in pubblico
alla festa del Fatto a Roma, il 28 agosto. Quel giorno Raggi non poteva
sapere quali settimane infernali si stavano aprendo davanti a lei e al
M5S. Dimissioni di assessori, indagini nascoste, guerra fratricida,
Beppe Grillo costretto a difenderla , ma con un ultimatum: «Voglio il no
ai Giochi prima di Italia a 5 Stelle, basta tentennamenti». I sospetti
su Raggi non spariscono: i grillini pensano che non le dispiacerebbero i
miliardi che arriverebbero con i Giochi.
E invece. Nella
settimana che si concluderà con la kermesse a Palermo, Raggi non poteva
più aspettare. Ha un patto con Grillo. Martedì si annuncia la conferenza
stampa per l’indomani. Ore 15.30. Gli eventi precipitano. Il Coni è
spiazzato. Lo staff convince Raggi a incontrare comunque Malagò. In
extremis l’appuntamento viene fissato un’ora prima della conferenza. Già
questo basta a Malagò per sentirsi beffato. Il presidente va lo stesso,
chiede lo streaming, ma gli viene opposto un rifiuto, proprio da chi
più chiunque lo ha idealizzato come totem di trasparenza. Malagò è
puntuale. Raggi, invece, no. «Non ho potuto incontrarlo- dirà la sindaca
- Mi spiace che abbia deciso di andare via proprio mentre entravo. Ho
avuto un contrattempo, qualche minuto di ritardo, non quaranta».
Trentacinque minuti. Malagò li conta mentre va via furibondo «Troppi,
abbiamo stravolto le nostre agende per essere puntuali». Raggi invece
non cambia la sua giornata. In tarda mattinata firma il protocollo
d’intesa sul Grande raccordo anulare delle bici assieme al ministro dei
Trasporti Graziano Delrio. Alle 14 pubblica la foto sul Twitter. Poi va
al pranzo con l’assessora alla Mobilità Linda Meleo per parlare di Atac.
La sindaca, incurante di Malagò che l’aspetta, si ferma qualche minuto
in più: minuti che saranno fatali.
Alle 16,08, e quindi con un
ulteriore ritardo, si presenta davanti ai giornalisti. Con lei c’è
Frongia. Le prime due file di sedie vuote sono riservate ai consiglieri
pentastellati e agli assessori, chiamati ad applaudire a ogni frase a
effetto. Ci sono pure due parlamentari, Simone Valente e Paolo Bernini, a
segnare la saldatura con il M5S nazionale. Non c’è invece Paolo
Berdini, l’assessore all’Urbanistica che si era detto favorevole ai
Giochi. «Sarebbe da irresponsabili dire di sì». La frase appare in
apertura delle slide proiettate sullo sfondo degli impianti sportivi
disastrati di Roma, tra i quali si intravedono le Vele di Calatrava.
«Stiamo ancora pagando i debiti per Roma 1960. Diciamo no alle Olimpiadi
del Mattone. I Mondiali di Nuoto ci hanno lasciato scheletri e gusci
vuoti». Poi cita lo studio dell’università di Oxford che elenca gli
sforamenti di spesa delle città ospitanti di tutte le passate edizioni
olimpiche. Ricorda il no di Mario Monti e le frasi degli esponenti del
Pd che allora si dissero d’accordo. Cita le altre città, da Boston a
Madrid, che hanno ritirato la candidatura, ma non risponde sui soldi che
serviranno a salvare quegli impianti che i miliardi delle Olimpiadi,
secondo il Coni, avrebbero risanato. Lascia la parola a Frongia che si
prende la scena: «Abbatteremo gli sprechi e troveremo risorse
aggiuntive» dice in modo generico. Applausi, comunque. Poche le risposte
nei dettagli. Sul referendum che Raggi aveva promesso prima del secondo
turno contro Roberto Giachetti, risponde: «Il referendum è stato il
ballottaggio». Nessuna replica a chi le fa presente che ha votato molto
meno della metà dell’intera popolazione.
Finiti gli annunci, si
passa ai fatti. La mozione con cui la giunta propone al consiglio di
dire di «no» è «già pronta», assicura Frongia. Il primo a esultare per
lo strappo di Raggi, è Alessandro di Battista. La sindaca però assicura
di non aver cambiato idea per le pressioni del M5S. Poco dopo Grillo le
telefona: «Brava Virginia, ti ho seguito in conferenza stampa, avanti
così».