La Stampa 21.9.16
Slitta l’accordo sulle pensioni
“Prima i calcoli di deficit e Pil”
Governo
 e sindacati aspettano i numeri del Def. Resta il nodo dei lavoratori 
precoci Il ministro Poletti: “Serve un lavoro fatto bene, non vogliamo 
creare nuovi esodati”
di Paolo Baroni
A meno di 
24 ore dalla convocazione del tavolo «politico» che avrebbe dovuto 
tirare le fila degli incontri degli ultimi mesi il confronto 
governo-sindacati sulle pensioni slitta al 27. E’ il segnale che i nodi 
emersi la scorsa settimana (lavoratori precoci, usurati e risorse 
complessive) non sono stati ancora risolti. I sindacati, per la 
previdenza, puntano infatti ad ottenere 2,5 miliardi di euro a fronte 
dei 2 «concessi» dal Tesoro. Limite che finora è risultato invalicabile.
Rinvio «concordato»
Il
 rinvio, spiega una nota del ministero del Lavoro, è stato «concordato» 
dal ministro Poletti e dal sottosegretario Nannicini coi segretari 
generali di Cgil, Cisl e Uil. «Una settimana in più può tornare utile» 
convengono tutti. «Abbiamo fatto un buon lavoro e la ricalendarizzazione
 dell’incontro consentirà un approfondimento ulteriore», ha spiegato 
ieri il responsabile del Lavoro. «Serve un lavoro fatto bene tra 
governo, Inps, Inail e tutti gli enti interessati in modo di avere tutti
 i numeri in mano. E poi potremo decidere. Non vogliamo fare degli 
esodati dell’Ape». E soprattutto occorre capire meglio la dimensione 
della nuova legge di bilancio, facevano notare ieri altre fonti di 
governo.
Per il resto, i nodi sul tavolo sono esattamente quelli 
della settimana scorsa. I lavoratori precoci che hanno iniziato a 
lavorare prima dei 18 anni per i sindacati devono poter andare in 
pensione con 41 anni di contributi anziché con 42 anni e 10 mesi. Per 
chi ha iniziato prima dei 16 anni si tratterebbe di applicare uno sconto
 di 3-4 mesi per ogni anno lavorato prima della maggiore età. Una misura
 che interessa circa 80 mila persone e che però costa ben 600 milioni di
 euro.
Lavori «faticosi»
L’altro punto ancora da definire in
 dettaglio riguarda i lavori usuranti. In questo caso si tratta di 
ammorbidire le norme che regolano il pensionamento di questi soggetti, e
 di dare risposte ad altre categorie come edili, macchinisti, maestre 
d’asilo e infermieri di sala operatoria che aspirano ad un trattamento 
simile. Per loro si pensa di introdurre la figura dei «lavori faticosi» e
 consentendo così l’accesso alla versione sociale dell’Anticipo 
pensionistico (Ape) per esentarli da ogni onere. «Queste sono le ultime 
questioni da definire - spiega il segretario confederale Uil, Domenico 
Proietti -. Ma non vedo grossi ostacoli per chiudere». Ottimismo si 
registra anche in casa Cisl. Diverso invece l’atteggiamento della Cgil 
che non nasconde le sue critiche, in particolare al meccanismo dell’Ape,
 definito «ingiusto» e «divisivo», perché la soglia dei 1200 euro netti 
oltre la quale il prestito diventa oneroso, ad esempio, taglia fuori 
tutti i lavoratori metallurgici. Era stato ipotizzato di alzare il tetto
 almeno a 1250 euro, ma anche questa soluzione è rimasta sinora in 
sospeso.
I 2 miliardi verranno confermati o no? Lo capiremo lunedì
 o al più tardi il giorno seguente, appunto il 27, quando il governo 
aggiornerà le stime di crescita e ricalcolerà il deficit. A quel punto 
il quadro sarà più chiaro.