La Stampa 20.9.16
Salone del libro, il diktat di Milano
Tutto alla Fiera di Milano, a Torino solo eventi con i librai
Oggi a Roma la riunione decisiva
di Emanuela Minucci
«Torino
si impegna a non accettare alcun editore e Milano a non accettare alcun
libraio». Secondo punto: «Torino ospiterà la più grande libreria
d’Italia organizzata dai librai piemontesi e potrà avere qualche ospite
internazionale mentre alla Fabbrica del Libro ci saranno tutti gli
editori». Ecco i passaggi chiave del documento presentato ieri dall’Aie
che ha fatto traballare il tavolo romano al lavoro sul MiTo del libro,
di cui oggi si terrà l’ultima, difficile, riunione al cospetto del
ministro della Cultura Dario Franceschini. Il clima teso si deve a una
fuga in avanti dell’Aie che ha messo nero su bianco due pagine di
condizioni attraverso le quali si delinea il futuro delle due kermesse.
La «Fabbrica del Libro» di Rho si occuperà di editori e di vendite di
libri (insomma tutto quello che si è fatto al Lingotto sino al maggio
scorso), mentre al Salone di Torino si lascia la possibilità di
organizzare «la più grande libreria d’Italia», punteggiata da qualche
evento e una manciata di ospiti.
A dettare le condizioni, per un
evento unico nelle date scelte da Milano, vale a dire dal 19 al 23
aprile, è stata Renata Gorgani (Aie e Fiera di Milano) che ha liquidato i
70 editori fedeli all’evento torinese così: «Tutti insieme
rappresentano l’1% del panorama dell’editoria». Lo ha fatto di fronte a
tre uditori a dir poco increduli: l’ex ministro Massimo Bray, per la
Fondazione del Libro di Torino, Rossana Rummo del Mibact e Arnaldo
Colasanti del Miur. Alla riunione di oggi si aggiungeranno ai quattro
«saggi» il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il presidente
della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, la sindaca di Torino Chiara
Appendino, l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del
Corno e il presidente dell’Aie Federico Motta.
Il «prendere o
lasciare» pronunciato ieri da Milano per qualche ora ha fatto pensare
alla fine anticipata delle trattative. Invece la riunione di oggi alle
15 è confermata.
Le posizioni delle due città, almeno sulla carta,
paiono irriducibili. Come è già stato anticipato ieri dal governatore
Chiamparino, «Torino accetterà l’accordo a condizione che in primo luogo
ci siano gli elementi di governo unitario dell’evento - come ad esempio
una programmazione comune e una biglietteria unica - e in secondo luogo
la presenza di due nuclei espositivi significativi, al di là del peso
quantitativo, attorno al quale organizzare eventi che promuovano
l’intera filiera della lettura. In mancanza di questi requisiti minimi
non si comprende quale sia il senso di un evento unico».
Le altre
richieste di Torino riguardano gli sponsor unici e la metropolitana dei
libri che colleghi le due kermesse. Anche se MiTo ha poche chance, il
ministro Franceschini proverà a giocarsi le ultime carte. E quei 70
piccoli editori che non hanno mai visto di buon occhio lo «scippo»
milanese faranno arrivare al tavolo delle contrattazioni un proprio
documento. In attesa, come spiega Marco Zapparoli di Marcos y Marcos, di
un’assemblea nazionale che si terrà a Bologna mercoledì 28 in cui si
affronterà la questione della convivenza dei piccoli nell’Associazione
degli editori.
Il vero nodo di oggi invece sta tutto nel fatto che
l’Aie ha chiesto a Torino di barattare il vecchio format del Salone con
la «Libreria d’Italia». A Milano gli editori, a Torino solo i librai
(che nei precedenti 29 anni arrivavano al Lingotto in qualità di
semplici spettatori). Era pure circolata la voce che l’Aie avrebbe
imposto a chi pubblica libri un aut- aut, «O a Milano o da nessuna
parte», provocando le ire della maggioranza degli editori. In ogni caso,
oggi a Roma i piccoli editori sono decisi a fare sentire la propria
voce «contro l’arroganza milanese».
Una cosa è certa: se Torino
accetterà queste condizioni, al posto del Salone del Libro spunterà
soltanto un’edizione ampliata di Portici di Carta. E ieri al Mibact
c’era chi mormorava: che figura stiamo facendo davanti all’Italia?
«Torino
si impegna a non accettare alcun espositore-editore e Milano si impegna
a non accettare alcun espositore-libraio». Ecco il punto preciso del
documento presentato ieri a Roma dall’Aie che ha fatto traballare il
tavolo del Mi-To del libro di cui oggi si terrà l’ultima riunione al
cospetto del ministro dei Beni Culturali Franceschini. Una fuga in
avanti degli editori che hanno messo nero su bianco due pagine di
«conditio sine qua non» attraverso cui si delinea il futuro delle due
kermesse parallele. La Fabbrica del Libro di Rho che si sarebbe occupata
di editori e di vendite di libri (insomma tutto quello che si è fatto
al Lingotto sino ad oggi), mentre al Salone di Torino si lasciava la
possibilità di organizzare «la più grande libreria d’Italia»,
punteggiata da qualche evento e qualche ospite internazionale. A dettare
le condizioni milanesi, per un evento unico nelle date scelte da
Milano, Renata Gorgani (Aie e Fiera di Milano) che ha liquidato i 70
editori che hanno manifestato la loro «fedeltà» all’evento torinese
spiegando «tutti insieme rappresentano l’1 per cento del panorama
dell’editoria» di fronte a tre uditori a dir poco increduli: l’ex
ministro Massimo Bray, in rappresentanza della Fondazione del Libro di
Torino, Rossana Rummo del Mibact e Arnaldo Colasanti del Miur. Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca Stefania Giannini, il
Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, il Sindaco di
Torino Chiara Appendino, l’Assessore alla cultura del Comune di Milano
Filippo Del Corno, il residente dell’AIE Federico Motta, il Presidente
della Fabbrica del Libro SPA Renata Gorgani e Massimo Bray. Un «prendere
o lasciare» che per qualche ora ha fatto pensare alla fine anticipata
delle trattative fra le due città. Invece la riunione di oggi alle 15 è
ancora in piedi. Attorno al tavolo del ministro arriveranno la sindaca
Chiara Appendino, il presidente della regione Piemonte Sergio
Chiamparino e il presidente dell’Aie Federico Motta. Le condizioni delle
due città, almeno sulla carta, paiono irriducibili. Come è già stato
anticipato ieri dal governatore Chiamparino «Torino accetterà l’accordo a
condizione che in primo luogo ci siano gli elementi di governo unitario
dell’evento - come ad esempio una programmazione comune e una
biglietteria unica - e in secondo luogo la presenza di due nuclei
espositivi significativi, al di là del peso quantitativo, attorno al
quale organizzare eventi che promuovano l’intera filiera della lettura.
In mancanza di questi requisiti minimi non si comprende quale sia il
senso di un evento unico». Le altre richieste riguardano gli sponsor
unici, la metropolitana dei libri che colleghi le due kermesse. Ma il
ministro Franceschini si giocherà le sue ultime carte. E anche quei 70
piccoli editori che non hanno mai visto di buon occhio «lo scippo»
milanese farà arrivare al tavolo delle contrattazioni un proprio
documento. In attesa, come spiega Marco Zapparoli di Marco Y Marcos,
dell’assemblea nazionale che si terrà a Bologna mercoledì prossimo in
cui «la questione sarà all’ordine del giorno».
Tornando al
documento che ha fatto gridare ieri alla rottura anticipata del tavolo
delle trattative c’è il fatto che l’Aie abbia indicato come «cuore»
della manifestazione torinese quella dei librai, che nei precedenti 29
anni di Salone del Libro arrivavano al Lingotto nella mera qualità di
spettatori. All’inizio poi, era pure circolata la voce che Aie avrebbe
imposto a chi pubblica libri un «dentro (a Milano) o da nessuna parte»
suscitando le ire di parecchi editori. In realtà non è l’Aie a dirlo
così, ma di fatto se passasse l’accordo così come l’ha stilato Milano a
Torino verrebbe fatto divieto di invitare anche coloro che hanno sempre
detto noi andremo a Torino.