La Stampa 20.9.16
Crollano i posti di lavoro stabili
Svanito l’effetto incentivi sempre meno contratti stabili
I dati dell’Inps: -33,7% nei primi sette mesi dell’anno rispetto al 2015
Opposizioni e sindacati all’attacco: “È il fallimento del Jobs Act”
di Roberto Giovannini
Lavoro
precario Nei primi sette mesi dell’anno calano le conversioni da
contratti precari a rapporti a tempo indeterminato: -36,2% secondo i
dati forniti dall’Inps
Allarmanti i dati dell’Inps
sull’occupazione che paga la fine dell’effetto incentivi. Crollano i
posti di lavoro stabili: -33,7% nei primi sette mesi dell’anno.
Opposizioni e sindacati all’attacco: «È il fallimento del Jobs Act».
Intanto Renzi risponde al capo della Bundesbank, Weidmann: Berlino
risolva i suoi guai.
Solo sette giorni fa il premier
Matteo Renzi aveva esultato, commentando i dati dell’Istat
sull’occupazione del periodo gennaio-giugno. Ma gli economisti più
avveduti avevano consigliato maggiore cautela, perché già si sapeva che a
luglio le cose erano andate male. Peraltro, guardando dentro i numeri
con attenzione, erano più gli aspetti preoccupanti che le vere buone
notizie. E così è andata: ieri l’Inps, nel suo Osservatorio che registra
l’avvio e la fine dei rapporti di lavoro nel settore privato ha
certificato che l’economia italiana non crea posti di lavoro in
generale, ma soprattutto non crea posti stabili. Nei primi sette mesi
del 2016, infatti, sono stati stipulati 972.946 contratti a tempo
indeterminato (comprese le trasformazioni di contratti a termine e di
apprendistato) a fronte di 896.622 cessazioni, con un saldo positivo di
soli 76.324 contratti a tempo indeterminato.
Peggio del 2014
Un
saldo peggiore di addirittura l’83,5% rispetto al saldo attivo
registrato nello stesso periodo del 2015, quando l’incentivo fiscale per
le assunzioni con contratti “stabili” era molto più generoso. Ma il
vero guaio – che fa pensare che il Jobs Act non abbia cambiato molto dal
punto di vista della propensione ad assumere delle imprese – è che la
prima parte del 2016 è andata peggio dello stesso periodo del 2014, in
cui senza nemmeno un euro di vantaggi fiscali o contributivi si registrò
una differenza positiva tra assunzioni e cessazioni di 129.163 unità.
Nel
complesso i nuovi rapporti di lavoro (dipendenti del settore privato
esclusi i domestici e gli operai agricoli) attivati nei primi sette mesi
dell’anno sono stati 3.428.243 (-10% sul 2015) a fronte di 2.623.566
cessazioni complessive. Il rallentamento delle assunzioni ha coinvolto
principalmente i contratti a tempo indeterminato (-379.000, pari a -
33,7% rispetto ai primi sette mesi del 2015), ma sono diminuiti
moltissimo anche le conversioni da lavoro precario a tempo indeterminato
(-36,2%).
Boom di voucher
Quanto al lavoro precario,
nonostante una certa frenata continua impressionante il successo dei
voucher, uno strumento pensato per il lavoro occasionale ed accessorio,
ma che invece viene notoriamente usato in alternativa alle assunzioni
«normali»: ne sono stati venduti ben 84,3 milioni, con un incremento,
rispetto al 2015, del 36,2%.
Le reazioni politiche
Facile
attendersi commenti alla calce viva da parte di chi, nel sindacato e
nella politica, ha criticato la riforma Renzi del Lavoro. Per Susanna
Camusso, leader della Cgil, «il Jobs Act non è stato uno strumento di
stabilizzazione del lavoro ma di ulteriore strumento di destrutturazione
dei diritti. Finché ci sono state le risorse della decontribuzione
questo si è mascherato. Ora che ci si avvia verso la fine di quel
periodo la verità è che ci si avvia verso forme precarie». Renato
Brunetta, di Forza Italia, dice che i dati certificano «il fallimento
del governo», ricorda che per «l’inutile decontribuzione sono stati
bruciati 20 miliardi», e chiede le dimissioni del ministro del Lavoro
Giuliano Poletti. I parlamentari di M5S parlano di «riforma bluff».
Mentre dalla Cisl il segretario confederale Gigi Petteni chiede al
contrario di rafforzare il bonus assunzioni e rendere più difficile il
ricorso ai voucher. Guglielmo Loy, segretario confederale Uil, invece
ricorda che le regole del lavoro «possono aiutare l’occupazione, ma non
potranno mai risolvere, come dimostra l’effetto Jobs Act, le criticità
del nostro mercato del lavoro». Cioè, che l’economia continua a non
camminare.