La Stampa 20.9.16
Così la Corte costituzionale ha spazzato via ogni alibi
di Marcello Sorgi
Era
nell’aria da giorni, ma decidendo ieri di rinviare a dopo il referendum
l’udienza sull’Italicum fissata al 4 ottobre, la Corte costituzionale
ha tolto ogni alibi ai partiti che da tempo si battono per cambiare la
legge elettorale e al governo che più di recente ha cominciato a dirsi
disponibile. Un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità della
legge, infatti, avrebbe reso urgente e forse avrebbe imposto subito la
calendarizzazione parlamentare della riforma della riforma. Adesso sarà
il risultato delle urne a stabilire cosa servirà fare: se vince il «No»
infatti il Senato rimane tale e quale e una legge come l’Italicum che
vale solo per la Camera perderà di senso. E ognuno dovrà assumersi le
proprie responsabilità.
A cominciare dalla minoranza bersaniana
del Pd, che dopo aver, seppure con molte riserve, approvato l’Italicum
in Parlamento, ci ha ripensato e ha fatto della correzione della legge
la condizione per dire «Sì» al referendum costituzionale. Bersani è
stretto tra D’Alema che guida il fronte del «No» e Renzi che, aprendo a
sorpresa alla richiesta di modifica dell’Italicum, chiede ai bersaniani,
intanto di approvare la riforma costituzionale nelle urne, in vista di
un successivo confronto sui meccanismi elettorali, oppure di dire con
chiarezza che voteranno «No», capovolgendo quella che era stata la loro
posizione in Parlamento.
Con queste premesse domani la Camera
discuterà una mozione proposta da Sel per impegnare il governo a
prendere l’iniziativa per cambiare l’Italicum. Il dibattito sulla
mozione potrebbe essere rivelatore della confusione che sta crescendo.
Con i partiti più piccoli che premono per lo spostamento del premio di
maggioranza dalla lista alla coalizione, ciò che tornerebbe a renderli
determinanti. La minoranza del Pd che propone un ritorno ai collegi
uninominali, sapendo che su questo non si troverà una maggioranza. E il
Movimento 5 Stelle, possibile maggior beneficiario di un eventuale
ballottaggio, che non vede l’ora di assistere alla rissa dei partiti e
delle correnti scaricare addosso agli altri la colpa di non essere stati
in grado di cambiare l’Italicum, ma sotto sotto sperando rimanga in
vigore.
In questo contesto accusare Renzi di essere disponibile
solo a parole alla correzione del sistema elettorale, augurandosi in
realtà che si riveli impossibile, non è giustificato. Il fallimento
della riforma della riforma si ripercuoterebbe tutto sul governo che a
fatica aveva condotto in porto una legge imperfetta, ma pur sempre una
legge.