La Stampa 18.9.16
La platea si spacca sulla riforma
La tentazione forzista è votare sì
Un imprenditore: molti non lo dicono, ma faranno così
di Alberto Mattioli
Stefano
Parisi dà per l’ennesima volta la linea sul referendum costituzionale:
«Io voto no perché penso che l’Italia possa fare una riforma molto
migliore di questa, che è una grande presa in giro. Renzi fa della
propaganda dicendo che se non passa il referendum è il caos. Ma non è
vero: se vince il no ci teniamo la Costituzione che c’è». Insomma, «il
sì è pessimista, il no è ottimista».
Chiaro? Chiaro. Però resta da
vedere come la pensa il popolo di supermoderati riunito a Milano per
rifondare il centrodestra mettendoci più centro che destra. Un indizio
era arrivato poco prima, durante l’intervento sulla giustizia di
Annalisa Chirico, presidente di «Fino a prova contraria». Ripetute le
accuse contro i magistrati, Chirico aveva stupito tutti annunciando il
suo sì al referendum «perché non posso seguire le indicazioni di
Magistratura democratica». Una motivazione ripetuta allargando la lista
di quelli che sono per il no, quindi inducono a votare sì: «Non credo
che l’asse Brunetta-Di Maio-Salvini-Di Battista-Grillo sia un’opzione
auspicabile». E qui la platea si era svegliata dal suo torpore,
scatenando una salva di fischi e buuu! misti, però, anche a qualche
applauso.
Insomma, l’impressione è che in questo centrodestra di
toni e modi democristiani ci sia parecchia gente che pensa che una
riforma perfettibile sia meglio che nessuna riforma. «Aspettiamo da
trent’anni che si metta mano alla Costituzione e adesso che qualcuno lo
fa votiamo contro?», chiosa uno di quelli che applaudono (moderato anche
come eroe, però: «Il nome? No, per carità»).
Non resta che
effettuare un rapido sondaggio fai-da-te, sentendo i primi venti
supporter parisiani a portata di domanda. Risultato: dodici no, quattro
sì e quattro indecisi. La maggioranza sta con il leader, ma non è certo
schiacciante. È una platea di appassionati di politica, mediamente molto
più informati del cittadino-tipo. Infatti motiva le sue scelte. E anche
chi ha già stabilito che metterà la croce sul no per buttarla addosso a
Renzi ha i suoi dubbi. Marcello Grossi, imprenditore: «Voto contro a
denti stretti. Io sono per il sì alla riforma, che diventa un no per
come è stata realizzata. Però qui c’è parecchia gente che alla fine
voterà sì. Se Renzi perde, colpa sua: ha troppo personalizzato la
scelta».
Dall’altra parte della barricata, parla Dario Baldi,
studente di Firenze, ex iscritto all’Ncd (dunque esistono!), attualmente
in cerca di un partito che gli piaccia. Sfodera gli argomenti classici
per il sì, dal dimagrimento del Senato alla fine del bicameralismo
perfetto, e poi affonda: «Parisi è davvero per il no? Secondo me è più
per il ni. Il no è in realtà un no a Renzi, non alla riforma». E poi
salta fuori l’anima responsabile e possibilista di questi estremisti
della responsabilità: «Fare un governo di scopo con Renzi se vince il
no? Ma certamente sì». I pronostici sul referendum diventano sempre più
difficili.