il manifesto 18.9.16
Assemblea del No. In attesa che Renzi decida la data
Referendum.
Oggi a Roma tutti i comitati. La battaglia entra nella fase cruciale.
Il governo rallenta sperando di migliorare i sondaggi. Voto il 27
novembre, ma non è tecnicamente escluso il 4 dicembre
di Daniela Preziosi
ROMA
L’ora della verità sull’Italicum scatterà mercoledì alle 16 quando alla
Camera sarà votata la mozione di Sinistra italiana che chiede di
cancellare «i palesi vizi di costituzionalità del testo». Nonostante i
tanti dissensi sulla legge, e nonostante la strombazzata disponibilità
del governo a cambiarla, è difficile che la mozione venga approvata. Il
Pd non la voterà. La minoranza al massimo si asterrà. Martedì i deputati
dem si riuniranno per decidere se presentare un testo alternativo. Ma
dalla stessa minoranza Pd – in gran parte orientata a votare no alla
riforma costituzionale – la richiesta è quella della concretezza: è
evidente l’interesse di Renzi è di ’sfiammare’ lo scontro sull’Italicum a
fini referendari.
Sul fronte opposto il No è consapevole che ora
la battaglia entra nella fase cruciale. Oggi a Roma si terrà l’assemblea
nazionale dei comitati del No (dalle 10 al palazzo ex Inpdap di via
Santa Croce in Gerusalemme 55). Si discuterà come impostare la campagna
referendaria e si confronterà lo stato delle iniziative territoriali.
Verrà presentata la campagna di comunicazione. La relazione introduttiva
sarà di Domenico Gallo, seguirà un lungo elenco di costituzionalisti ed
esperti (tra gli altri Mauro Beschi, Anna Falcone, Alfiero Grandi,
Alessandro Pace, Massimo Villone, Vincenzo Vita).
Il fronte del Sì
è già a macchine avanti, soprattutto grazie alle feste dell’Unità in
corso. Eppure le cose non si stanno mettendo bene per Renzi. Secondo
l’Istituto Ixé (per Agorà, RaiTre) la fiducia nel presidente del
consiglio scende dalla settimana scorsa (il 32% di oggi contro il 33).
Il suo partito, il Pd, resta in testa con il 32,6% contro l’MS5 in calo
al 28,6%. Nonostante questo il Sì e il No sono testa a testa: se si
celebrasse oggi il referendum il 57% degli italiani andrebbe a votare;
il fronte del Sì si attesterebbe al 39%, quello del No al 37. Ma al
calcolo va aggiunta la platea di indecisi ma intenzionati comunque a
votare (il 24%).
In questo delicata situazione, il Sì deve stare
attento a tutto. Soprattutto agli autogol. Facciamo l’esempio
dell’episodio dell’ambasciatore Usa a Roma John Phillips che ha fatto un
endorsement per il Sì. Ai più non è piaciuto: il 40% pensa che il
pronunciamento sia stata un’ingerenza nelle vicende italiane (per la
cronaca: l’ambasciatore ha capito lo svarione e per venerdì 23 settembre
ha invitato chez soi alcuni esponenti del comitato del No per un caffé
riparatore).
Tutto in attesa della data del voto. Renzi ha
annunciato che sarà decisa nel consiglio dei ministri del 26 settembre.
Secondo il tam tam del palazzo la scelta cadrà sul 27 novembre; ma non è
ancora tecnicamente escluso il 4 dicembre. Il premier rallenta i tempi
nella speranza di migliorare i sondaggi. Anche in parlamento in realtà
sono in atto manovre dilatorie perché prima del voto la legge di
stabilità sia approvata almeno da una camera. «Io faccio campagna per il
sì», spiega un autorevole deputato ex Ds, «ma nella finanziaria la
buona volontà nei confronti di certe categorie va scritta nero su
bianco. I cittadini votanti sarebbero indispettiti da una vaga
promessa».