Anche Pisapia...
Repubblica 18.9.16
Il referendum.
Pisapia “Non posso iscrivermi al fronte del No”
L’ex
sindaco di Milano: “Per ora non mi esprimo sul voto ma questa nostra
guerra fratricida è soltanto un grande regalo alla destra”
Pisapia e la riforma “Non mi iscrivo al No la democrazia non è in pericolo”
intervista di Giovanna Casadio
ROMA.
«Non ci sto allo scontro tra guelfi e ghibellini sul referendum
costituzionale. Questa riforma non è pericolosa e l’ha chiesta il
Parlamento». Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano e leader di
riferimento di un’ampia area a sinistra del Pd, invita alla
ragionevolezza. «Non sono iscritto al fronte del No, per ora non mi
esprimo, ma sto facendo un giro dell’Italia per invitare a confronti nel
merito, sui vantaggi e gli svantaggi. Molto dipenderà se ci sarà la
modifica dell’Italicum e dall’impegno a rendere più snelli alcuni punti
di questa riforma della Carta».
Pisapia, a sinistra lo contro sul referendum costituzionale è senza esclusione di colpi.
«E
io lo vivo molto male e con grande disagio. Mi sembra una guerra
fratricida che può portare solo danni enormi a tutti. Il Pd diviso, i
sindacati su posizioni opposte, il centrosinistra con posizioni diverse,
parte della sinistra contro il Pd, l’Anpi che ha preso una posizione
ufficiale ma singoli partigiani che si esprimono in dissenso… Sono un
sostenitore accanito del valore dell’unità del centrosinistra perché
sono consapevole – e lo dimostra la storia – che il centrosinistra vince
solo se è unito. Ci si può dividere su singole scelte, ma bisogna avere
lo sguardo lungo. E invece mi sembra di assistere, tra persone che
hanno la stessa storia e gli stessi valori, a una continua e disastrosa
polemica con grande gioia della destra e dei suoi compari».
Una guerra da evitare in ogni modo: è stato l’appello del presidente Napolitano.
«Di
una cosa sono convinto: comunque vada a finire, non è in gioco la
democrazia. Del resto sia i costituzionalisti del No che quelli del Sì,
lo riconoscono. I pericoli sono altri, non l’esito del referendum. Non
si può dimenticare che è stato il Parlamento a chiedere una riforma che
semplificasse il sistema e che garantisse una maggiore governabilità,
dando migliori opportunità al Parlamento e non certo al governo o al suo
presidente. Questa riforma non aumenta i poteri del presidente del
Consiglio e rafforza il ricorso a leggi di iniziativa popolare. E voglio
ricordare che, quando ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, la
Consulta ha detto espressamente che sono obiettivi di rilievo
costituzionale anche la stabilità del governo del Paese e l’efficienza
dei processi parlamentari ».
Lei quindi potrebbe votare Sì al referendum?
«Vede,
la situazione che si è creata mi rende difficile dare oggi una
risposta. Ci sono i guelfi e i ghibellini, non c’è spazio per la
ragionevolezza. E io credo fortemente in una politica ragionevole. Penso
ad esempio che la legge elettorale, che si incrocia con le modifiche
costituzionali, vada migliorata perché c’è il rischio che diventi
maggioranza in Parlamento chi non ha la maggioranza degli elettori e
questo altera il risultato della volontà popolare.
Una modifica dell’Italicum fa la differenza?
«Certo che può fare la differenza, così come sarà importante sapere chi boicotterà quella modifica auspicata da tanti».
La vittoria del No destabilizza il paese, sostengono cancellerie straniere.
«Che
ci sia bisogno di riforme è opinione largamente condivisa. Così come mi
sembra che tutti – anche in Italia, ed è quello che mi interessa -
siano d’accordo nel ritenere che quello di avere governi stabili è un
bisogno reale».
Se vince il No Renzi si dovrà dimettere?
«Dal
punto di vista costituzionale direi proprio di no. Poi ci sono le
scelte politiche e personali. Non essendo parlamentare e non essendo
iscritto al Pd credo che ogni decisione spetti a lui in un confronto col
suo partito e la sua maggioranza. E non sarà una scelta facile anche
perché lo Statuto del Pd prevede la coincidenza dei due ruoli, scelta
che non mi ha mai convinto».
Alle elezioni per Milano ha
appoggiato come suo successore Giuseppe Sala nonostante i molti mal di
pancia della sinistra, del “suo” movimento arancione. Crede sempre al
progetto del centrosinistra unito?
«Sempre di più. E le assicuro
che nessuno, nemmeno i malpancisti, avrebbe preferito che a governare
Milano arrivassero i 5 Stelle oppure un centrodestra egemonizzato dalla
Lega».
Come vede da ex sindaco, la difficoltà in cui si dibatte Virginia Raggi a Roma?
«“Onestà, onestà” è un pre-requisito, non un programma elettorale.
Sbraitare
è facile, il difficile arriva quando si passa a governare. Certo, è
grave che tutto il bailamme nel quale si dibatte l’amministrazione
capitolina sia scoppiato nella scelta di assessori e di collaboratori
della sindaca, prima ancora che si cominciasse a mettere mano ai
problemi e cercare di risolverli. E allora credo sia legittimo chiedersi
come farà questa compagnia a entrare davvero nel merito di questioni
enormi e davvero complesse che – è giusto ricordarlo – l’attuale
amministrazione ha ereditato».