martedì 13 settembre 2016

La Stampa 13.9.16
Due ragioni per cui la minoranza resiste
di Marcello Sorgi

Ci sono due ragioni per cui la minoranza del Pd, come ha confermato ieri Bersani, continua a insistere sul cambiamento dell’Italicum, minacciando di votare “No” al referendum costituzionale e accusando Renzi di fare melina, cioè di impegnarsi solo a parole sulla riforma della riforma elettorale, non volendo in realtà far nulla di serio. La prima è che di fronte al “No” secco di D’Alema, il “No” condizionato alla riscrittura dell’Italicum consente di prendere una posizione diversa da quella dell’ex-premier, determinato a condurre fino all’ultimo la sua battaglia. Bersani e i suoi - come per altri versi la Cgil - vogliono invece tenersi una carta di riserva, per eventualmente trasformare il “No” in “Ni” e forse anche in “Si”, specie se la Corte costituzionale il 4 ottobre chiederà al Parlamento di riscrivere tutta o in parte la legge elettorale, e Renzi dovrà gioco forza assumere un’iniziativa.
La seconda ragione riguarda il contenuto della legge. Gli esponenti della minoranza infatti conoscono bene le difficoltà che in quel caso ci sarebbero a trovare nelle Camere una maggioranza concorde. Perchè tutti si dichiarano a favore del cambiamento, ma sul come cambiare l’Italicum non c’è il minimo accordo e ognuno invoca una formula a proprio favore. Ad esempio: suggerire, come ha fatto Speranza, numero due di Bersani, di tornare al Mattarellum, tutto o in parte, vuol dire riproporre un sistema con cui per il Pd diventerebbe indispensabile accordarsi nei collegi con la sinistra radicale, dentro e fuori il partito, e per Ncd e ai centristi che governano con Renzi correre a cercare di nuovo un’intesa con il centrodestra, piuttosto che trattare condizioni più favorevoli con il premier.
Un disegno del genere è l’esatto opposto di quello del leader del Pd. Renzi continua ad essere convinto che alla fine i “Si” prevarranno nel voto referendario, perché gli elettori preferiranno la stabilità attuale al capovolgimento che verrebbe determinato dalla vittoria dei “No”. E quanto all’Italicum, pur consapevole che la Corte ne chiederà almeno un ritocco, il premier ritiene che cambiarlo sull’onda dei risultati elettorali delle amministrative di giugno, cioè nel dubbio che i 5 stelle possano approfittare del ballottaggio nazionale come hanno fatto nei secondi turni delle città, potrebbe rivelarsi un timore eccessivo. A parte il fatto che i grillini ci stanno pensando da soli a farsi del male, in questo secondo caso gli elettori saprebbero distinguere tra un voto locale e uno in cui è in gioco il governo del Paese.