La Stampa 13.9.16
In calo i lavoratori sfiduciati
Sono quasi mezzo milione in meno
Per trovare un impiego la via maestra restano parenti e amici
A trainare l’occupazione è l’uso degli incentivi contributivi
di Walter Passerini
Scorre
tumultuoso il grande fiume delle statistiche, e non mancano le
sorprese. Ora l’Istat rivela che nel secondo trimestre del 2016
l’occupazione complessiva è cresciuta in modo sostenuto rispetto al
trimestre precedente (189 mila occupati in più), con una dinamica
positiva che riguarda tutti i tipi di contratto: dipendenti a tempo
indeterminato (+0,3%), a termine (+3,2%) e indipendenti (+1,2%). Ma il
dato più eclatante è che se si guarda lo stesso periodo dell’anno
precedente la crescita è di 439 mila occupati in più.
Al bando
ogni scetticismo: le statistiche si susseguono a raffica ma prendono in
considerazione tempi e campioni differenti, così hanno tutte ragione. A
rincarare la dose ci pensa poi Matteo Renzi, che fa partire la danza dei
numeri dall’avvio del suo governo (febbraio 2014), ciò che gli fa dire
con orgoglio: «Dall’insediamento del nostro governo gli occupati sono
585mila in più. Il Job act funziona».
Al di là della lotteria dei
numeri, nei dati Istat pubblicati ieri l’espansione occupazionale
continua, anche per i giovani occupati di 15-34 anni (+223 mila su basa
annua), che si affianca all’irresistibile ascesa degli over 50. La
crescita generale è più accentuata per i dipendenti a tempo
indeterminato (+308 mila) e a termine (+72 mila), ma coinvolge gli
stessi indipendenti. L’incremento è consistente sia per il tempo pieno
sia per il tempo parziale, soprattutto di tipo volontario, anche se va
ricordato l’esercito di 2 milioni e 722 mila part timer involontari.
Per
il quarto trimestre consecutivo calano i disoccupati, scesi a 2 milioni
993 mila unità (-109 mila in un anno), ma resta pesante a 1 milione 758
mila il numero di disoccupati in cerca di lavoro da oltre 12 mesi. Il
Rapporto trimestrale Istat aiuta anche a capire le ragioni dei flussi
occupazionali.
Per esempio, su base annua il costo del lavoro ha
una variazione nulla, prodotta da una crescita dello 0,9% per le
retribuzioni e da una diminuzione del 2,6% degli oneri. E’ il risultato
dell’uso determinante e massiccio degli incentivi contributivi,
nonostante la riduzione del 2016, mentre dal 2017 le stime più
accreditate li danno ormai per aboliti. A testimoniare la necessità di
una rete più professionale, nella ricerca di lavoro continua a prevalere
l’uso del canale informale: rivolgersi a parenti, amici e conoscenti è
il metodo più usato (85,0%), seguito da invio di curriculum (68,3%) e
ricerca on line (54,7%), più frequente tra i giovani e i laureati.
Un
segnale di maggiore solidità è invece la riduzione degli inattivi (-489
mila in un anno), tra i quali diminuiscono per il quinto trimestre
consecutivo gli scoraggiati (-158 mila in un anno). Spicca infine
positivamente la diminuzione tendenziale dei Neet. Nel secondo trimestre
2016 i giovani Neet sono 2 milioni 35 mila (-252 mila in un anno): 892
mila disoccupati (il 43,8% del totale), 622 mila forze di lavoro
potenziali (30,6%) e 521 mila (25,6%) inattivi, che non cercano lavoro e
non sono disponibili a lavorare (in più della metà dei casi mamme con
figli piccoli).
La riduzione dei Neet, obiettivo del piano
nazionale Garanzia Giovani, dal 25,0% del secondo trimestre 2013 è
arrivata al 22,3% del 2016. Comprende non solo gli inattivi più distanti
dal mercato del lavoro, ma soprattutto i giovani interessati a
lavorare, smentendo il luogo comune che li etichetta come fannulloni.