ITALIA
Repubblica 17.9.16
Duello D’Alema-Giachetti “Questa è la riforma di Silvio” “Ormai dai consigli ai grillini”
Scontro
sul referendum con fischi, applausi, diverbi e cori di “buffone” tra
l’ex premier e il numero due della Camera alla festa dell’Unità di Roma
di Tommaso Ciriaco
ROMA.
Il cielo sopra Pietralata è da guerra dei mondi. Cinquecento eroi
lottano per ogni centimetro di gazebo, scrutando il cielo. «Sembra
l’apocalisse - sentenzia un militante mistico - sarà perché si scontrano
Massimo e Roberto». Festa dell’Unità, ma qui litigano tutti. I
militanti romani, a brutto muso sotto il palco. I renziani, che urlano
“buffone” all’ex premier. E D’Alema vs Giachetti. Sul ring arbitra
Enrico Mentana, abile a rilanciare la battaglia con una diretta tv. C’è
parecchio di personale, tra i due contendenti. E finisce nell’unico modo
possibile: con un incontro di boxe. «Tu, Massimo, dai consigli ai
grillini. E dici sciocchezze. Sono allibito e scandalizzato». «E tu,
Roberto, hai fatto lo sciopero della fame per l’Italicum ma era meglio
che mangiavi la porchetta. Mi puoi anche dare del cretino, visto lo
stile del presidente del Consiglio, saresti comunque gentile». Pugilato,
appunto.
Il prepartita è elettrico. E un po’ ansiogeno, perché il
meteo prevede bufera alle 20.30. «E noi niente, comunque qui! scherza
un dalemiano che affianca il leader - Certo che noi comunisti siamo
proprio delle grandissime teste di c…». Nessuno vuole fare brutta
figura, infatti entrambi vantano tifosi al seguito. Alle 20.36, puntuale
come una sentenza, arriva il diluvio. D’Alema, che ha appena iniziato a
cenare con qualche amico, è costretto alla ritirata. In piedi sotto un
gazebo, Giachetti osserva la burrasca - “vedrete, vedrete” - e non si
capisce se allude al confronto o solo alla grandine.
Nel corpo a
corpo vale tutto: anche l’anagrafe, soprattutto l’anagrafe. Ci scherza
D’Alema: «Ci conosciamo da quarant’anni, direttore, a villa Arzilla ti
tengo un posto visto che non siamo di primo pelo». E gliela ricorda
Giachetti, quando gli scaglia contro la Bicamerale: «L’hai fatta tu,
bypassando l’articolo 138 della Costituzione, e nessuno gridava
all’attentato democratico». Fischi dai dalemiani, giubilo dei renziani.
Va avanti così, colpo basso dopo colpo basso. «Ma quali chiacchiere la
replica - noi abbiamo fatto un’enormità di riforme in questi
trent’anni». E invece no, si impunta il vicepresidente della Camera,
«sono chiacchiere, importanti perché messe agli atti parlamentari, ma
chiacchiere».
C’è il referendum a risucchiare tutto. E a spaccare
la platea fragorosamente. Liti, urla, Mentana che si alza per placare
gli animi. Il D’Alema del 1997 avrebbe votato questo riforma, provoca
Giachetti. «Ma neanche per idea! È un pasticcio perfino dannoso. Basta
compararla con quella del centrodestra del 2005… Apprezzo quando si va
avanti da soli, ma almeno si potrebbe andare avanti con le proprie idee e
non con quelle degli altri». Cioè di Berlusconi.
Le ruggini sono
antiche quanto l’ultima campagna elettorale per il Campidoglio, quando
l’ex premier scomunicò la candidatura del renziano al Comune di Roma. E
quindi Giachetti è “allibito” da D’Alema, mentre D’Alema suggerisce
“saggezza” alla pattuglia renziana. Non c’è accordo neanche sul futuro
della legge elettorale, nel giorno in cui Maria Elena Boschi lascia
qualche spiraglio: «È una legge ordinaria, non è perfetta e può essere
sempre cambiata, in qualunque momento. Io avrei preferito i collegi
uninominali. Mi sembra che Forza Italia e Movimento cinque stelle siano
indisponibili a discutere prima del referendum».
Finisce con
l’ultima lite, quando Giachetti incalza D’Alema: «Sei stato eletto anche
tu con il Porcellum». Il leader nega, poi corregge: «Ma mi sono
dimesso». Gli urlano “buffone”. Al referendum mancano ancora due mesi.