Italia Oggi 1.9.16
I parametri europei hanno prodotto una disoccupazione immane
che, quando non c’erano quei parametri da osservare, non c’era
di GIUSEPPE VITALETTI
Il giorno 29 Agosto 2016, implacabili, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno riaperto la stagione giornalistica. Imponendo, al solito, il punto di vista sulle tre questioni centrali dell’economia italiana: grande impresa contro piccola impresa; ineluttabilità dell’obbedienza sostanziale ai parametri europei sul deficit; riforma fiscale. Insistono in particolare sul primo e sul terzo punto; sul secondo la loro posizione è nota da altri interventi.
Trattiamo i tre punti in via autonoma, riportando in via incidentale le posizioni di Alesina e Giavazzi (A.G. nel seguito). La questione della piccola impresa è fondamentale per l’economia italiana, in quanto ne segna il tratto distintivo rispetto ad altre economie: le piccole imprese sono la grande maggioranza in Italia, mentre sono una piccola parte nel resto dell’Europa. Finora la questione non è stata dibattuta in termini di sviluppo. E’ noto infatti che quando lo sviluppo era alto, cioè fino al 2000, la piccola impresa c’era, e mai a qualcuno sarebbe venuto in mente la frase di A.G: “Per una ripresa degli investimenti servono imprese nuove ed imprese relativamente grandi”. Secondo uno studio di Prometeia la produttività varierebbe in proporzione diretta alla grandezza: in Italia, sarebbe minima per le piccole imprese. Queste affermazioni sono sorprendenti, in quanto basterebbe una serie di imprese medie (ce ne sono anche in Italia) per sgombrare il campo dalle piccole imprese. Sorprendentissime, se si pensa al fatto che la bilancia dei pagamenti italiana è fortemente attiva, ed è alimentata soprattutto dalla media impresa.
Sull’ineluttabilità dell’obbedienza sostanziale ai parametri europei, quando questi hanno determinato una disoccupazione immane (che prima dei parametri europei non c’era), è impossibile sollevare discussioni. Mi permetto solo di fare una semplice osservazione: il consenso, quando è troppo unanime e contro la realtà, è totalmente falso. Esiste una spiegazione alternativa, ed è basata sullo “sconvolgente” fatto che moneta è di carta. Quando la domanda privata è bassa, la domanda di moneta attiva carta, che non produce occupazione. In alternativa, se la domanda fosse di beni durevoli, l’occupazione si produrrebbe. Se si partisse da questa constatazione elementare, forse si comincerebbe a pensare che i parametri europei su deficit e debito sono una bufala, e qualcuno potrebbe pensare ad un buffer di merci (oro, case, materie prime) da attivare nei periodi di crisi. Ma lo sconvolgimento delle menti che deriva da questo fatto è troppo grande, e si continua ad ignorare la disoccupazione, recitando le giaculatorie alla A.G.
Infine c’è la riforma del fisco. A.G, senza tema, vanno all’attacco dell’aliquota delle grandi imprese, e ne sostengono la riduzione, anche a costo di rilevare che la Francia ha attualmente un’aliquota maggiore della nostra. Noi siamo a favore della riduzione delle aliquote, senza lasciarsi impressionare dalle grandi imprese. In un sistema in cui la grande Irpef arriva al 45% del suo potenziale, riguarda i redditi che meno dovrebbero competerle (il lavoro dipendente e la piccola impresa), è inferiore al potenziale dei contributi sociali (che si attesta sul 50% del Pil), c’è sicuramente bisogno di riarticolare il fisco. Ma anche su questo non c’è verso di suscitare un dibattito: il fisco, si sa, Dio ce l’ha dato, guai a chi lo tocca (salvo le piccole osservazioni di A.G.). Siamo costretti su questo a rinviare al mio libro Le due facce della luna. Il riformismo nell’economia politica, 2014, Foschi, paragrafi 40-56.
Piccola impresa, parametri europei, riforma del fisco sono i temi su cui occorrerebbe centrare ogni discussione economica, con posizioni totalmente diverse da quelle di A.G. Invece, ci tocca sempre ascoltare la solita solfa, in maniera diffusa, che va ben oltre il Corriere della Sera. Nel frattempo, la situazione continua a peggiorare. Speriamo che qualcuno raccolga il messaggio che è l’informazione a soffocare il dibattito.