IN PRIMO PIANO
La Stampa 1.9.16
Il vescovo degli scandali si dimette dopo 26 anni
di Mario De Fazio
Il sigillo arriverà a breve, forse già nella giornata di oggi, con in calce la firma di Papa Francesco. Ma la bolla papale con cui il Pontefice accoglierà le dimissioni di monsignor Mario Oliveri, vescovo della diocesi di Albenga-Imperia, è già pronta per essere spedita, sancendo ufficialmente la fine di una gestione della curia durata ventisei anni e segnata da una ridda di episodi controversi.
Bergoglio accetterà quello che nel lessico ecclesiastico è definito “atto di rinuncia”, collocando a riposo Oliveri e trasferendo carica e poteri a monsignor Guglielmo Borghetti, coadiutore dal gennaio del 2015. A monte dell’addio dell’ormai ex vescovo ingauno ci sarebbe stata anche la necessità di seguire da vicino un familiare con problemi di salute. Ma a pesare sarebbero stati soprattutto i continui scandali che hanno trasformato la diocesi in una sorta di refugium peccatorum. Da ultimo il caso di don Paolo Piccoli, per il quale la Procura di Trieste ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di aver ucciso due anni fa un altro prete, prima di trasferirsi ad Albenga come cappellano in una clinica. Altra pecorella smarrita accolta da Oliveri è don Francesco Zappella, entrato in seminario ad Albenga e ordinato prete dopo essere stato condannato per abusi nel 1991, a Pinerolo. Oppure don Luciano Massaferro, sacerdote alassino arrestato nel 2009 e condannato a sette anni di reclusione per avere molestato una giovanissima chierichetta o, ancora, il caso di don Sandro Marsano, segretario personale di Oliveri nonostante l’arresto per un furto di libri dalla biblioteca Girolamini di Napoli.
Il Fatto 1.9.16
D’Alema fa il ribaltone, tutti No alla Festa del Sì
A Catania Alla kermesse nazionale dedicata alla riforma
si scopre che la platea democratica è per la gran parte contraria
di Andrea Managò
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L'Huffington Post 1.9.16
Matteo Renzi al veleno su Massimo D'Alema: "Promette ancora riforme? Con Berlusconi storia d'amore che merita rispetto"
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Repubblica 1.9.16
Renzi sul referendum: "Non parlo più delle mie dimissioni. D'Alema e Berlusconi per il No? Il loro è un grande amore
Il premier a Rtl: "Il Pil tornerà positivo. E continueremo ad abbassare le tasse, dall'Ires al canone Rai"
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Libero 31.9.16
Il piano di baffino
D'Alema spietato: la guerra anti-Renzi. Ha fatto boom: cosa sta per succedere
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il manifesto 1.9.16
D’Alema senza Bersani. “Non è la nostra linea”
Lunedì l’ex premier apre la sua campagna per il No. La minoranza del Pd non lo segue. Renzi coltiva le divisioni tra i suoi oppositori. E concentra il fuoco sul «rottamato»: «Vede la fine della democrazia»
di Domenico Cirillo
ROMA «Questo referendum non riduce gli spazi di democrazia come qualcuno vorrebbe far credere». Matteo Renzi risponde immediatamente a Massimo D’Alema. È l’ex presidente del Consiglio il «qualcuno» che martedì ha conquistato il palco della festa nazionale dell’Unità di Catania. Da lì ha strapazzato il ministro degli esteri Paolo Gentiloni e si è preso molti applausi sostenendo che «non si cambiano così le costituzioni, con una maggioranza raccogliticcia di trasformisti, il partito democratico non può scherzare con i principi essenziali della democrazia». Renzi non si distrae, e nel giorno in cui incassa il pesante sostegno della cancelliera tedesca in visita in Italia, non dimentica gli avversari interni. Anzi sceglie il rimontante D’Alema come bersaglio polemico, sapendo in questo modo di moltiplicare gli imbarazzi nella minoranza Pd.
«Auguro molto successo a Renzi nel portare avanti l’agenda delle riforme: fa bene all’Italia ma anche all’Europa». Merkel l’aveva già detto ed è tornata a ripeterlo a Maranello. Un appello a votare Sì al referendum costituzionale così esplicito – la notizia della sera per i Tg – conferma lo squilibrio della campagna elettorale. Ma non è detto che lo spot della non popolarissima signora Merkel giovi troppo alla causa renziana.
Renzi torna a parlare della «madre di tutte le riforme» dopo una settimana di stop per il terremoto. Insiste che la vittoria del Sì «riduce le poltrone senza toccare minimamente il sistema dei contrappesi e rende il paese più semplice e giusto». Questo per il presidente del Consiglio significa «dire la verità e parlare del merito». Il premier che si era messo al centro della sfida referendaria cerca in tutti i modi di recuperare lo sfondo. Anche lo slogan scelto per guidare la campagna del Sì lo testimonia: «Il referendum degli italiani». Se questo è il tentativo, a palazzo Chigi non vedono male il protagonismo di D’Alema. Per primi hanno sperimentato nei sondaggi quanto, parlando della Costituzione, l’eccesso di entusiasmo e i toni troppo alti finiscano per spaventare i cittadini. D’Alema è partito lancia in resta e sarà il protagonista della prossima settimana, a partire da lunedì. Nel pomeriggio infatti radunerà in un cinema romano (il classico rituale prevede che la sala più piccola, precedentemente prenotata, sia stata disdetta di fronte alla partecipazione montante) militanti dalle federazioni, parlamentari, professori. Per sfuggire al cliché del «signornò» presenterà la sua proposta di mini riforma costituzionale annunciata a Catania: riduzione dei parlamentari (più forte di quella prevista nella riforma Renzi-Boschi, 400 deputati e 200 senatori), limiti alla navette e fiducia solo alla camera. Riassunta dallo slogan «No, non così», la sua è una critica totale alla riforma costituzionale e alla legge elettorale: «L’Italicum è incostituzionale».
Per il momento, la discesa in campo di D’Alema fa discutere soprattutto la minoranza organizzata nel Pd, quella dei bersaniani. «Non è la nostra posizione», spiega il senatore Federico Fornaro. E non può esserlo, perché la minoranza ha votato a favore della riforma costituzionale in tutti i sei passaggi parlamentari (negando il voto solo all’Italicum). Ragione per cui i bersaniani restano sulla linea «decideremo di votare No solo se non ci saranno modifiche alla legge elettorale» già sbeffeggiata da D’Alema: «Tanto è chiaro che l’Italicum non lo cambiano».
I bersaniani rischiano in questo modo di trovarsi al centro tra le due posizioni, cosa che secondo Renzi dovrebbe contribuire a depotenziare la minoranza organizzata del Pd. E così Bersani insiste nell’attaccare il presidente del Consiglio da una prospettiva diversa. Anche ieri sera, dalla festa dell’Unità di Genova, ha tentato di parlare delle riforme costituzionali parlando d’altro: «di quello di cui parlano le famiglie quando sono a tavola, a cominciare dal lavoro e dal terremoto. Se continuiamo a parlare di referendum ho paura che ci metteremo tutti un po’ nei guai. La gente siccome ha altri problemi finisce che si distacca sia dai politici che dalla stampa».
La Stampa 1.9.16
Record di richieste d’asilo respinte: diventa rifugiato solo uno su venti
Sempre più difficile ottenere lo status. Oltre sei su dieci non ricevono alcuna protezione
di Gabriele Martini
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La Stampa 1.9.16
Umiliazioni e abusi, l’estate dei diritti sospesi per i migranti bloccati a due passi dalla Svizzera
Violazioni diritti alla frontiera elvetica, con respingimenti di massa e controlli illegali in base al colore della pelle
di Simone Gorla
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La Stampa 1.9.16
Lanzarote
Un museo sottomarino a Lanzarote, per non dimenticare la strage dei migranti
di Noemi Penna
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Il Sole 1.9.16
Corsi e ricorsi storici
Perché il socialismo piace ai Millennial
di Enrico Marro
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