Il Sole Domenica 18.9.16
La curva in cui abita il nostro Sole
Agli inizi del 1900 Albert Einstein elaborò una teoria scientifica rivoluzionaria conosciuta con il nome di Relatività
di Marco Drago
Agli
inizi del 1900 Albert Einstein elaborò una teoria scientifica
rivoluzionaria conosciuta con il nome di Relatività. Questa teoria
sistemava alcune contraddizioni che nascevano dal confronto fra la
relatività di Galileo (si perché è stato lo scienziato italiano a usare
per primo questo termine) e la nascente teoria dell’elettromagnetismo
(quella che fa funzionare i telefonini, la radio, la televisione e la
corrente elettrica che passa per le nostre case). Risolvere queste
contraddizioni portò però a nuovi “paradossi” scientifici contrari alla
visuale comune.
Facciamo qualche esempio: un orologio in movimento
ha le lancette che si muovono più lentamente rispetto a quando è fermo.
Oppure, un oggetto in movimento diventa più corto rispetto a quando si
misura la sua lunghezza da fermo.
Questa nuova teoria, chiamata
per convenzione «Relatività ristretta» poneva pure dei problemi
nell’interpretazione della teoria della gravità elaborata da Newton. Per
ovviare a questa inconsistenza, Einstein propose un concetto
innovativo: invece di pensare che una qualsiasi massa attragga i corpi
più o meno fortemente a seconda di quanto siano vicini o lontani (come
dice Newton), egli teorizza che ogni massa perturbi lo spazio che la
circonda.
Cerchiamo di capire meglio. Immaginate di avere un
tappeto elastico e di far scorrere delle biglie sul tappeto. Essendo il
tappeto piatto le biglie correranno in linea retta. Se però appoggiate
un oggetto di un certo peso, il tappeto elastico verrà deformato, per
cui se le biglie si avvicinano troppo all’oggetto, tenderanno a compiere
una curva. Similmente si può pensare che accada lo stesso con il sole e
la terra: la terra gira attorno al sole poiché questi curva lo spazio
formando una conca da cui la terra non riesce a scappare.
Questa
idea rivoluzionaria fu parzialmente dimostrata solo pochi anni dopo:
durante un’eclissi solare le stelle fisse vicine alla posizione del sole
si vedono leggermente spostate. L’effetto è solo un’illusione: la
presenza del sole ha perturbato lo spazio facendo si che la luce delle
stelle venga deviata e apparentemente le stelle sembrino spostate
rispetto alla posizione originale. Newton non prevede che la luce venga
deviata dai corpi, perché la luce è priva di massa.
Questo fu uno
dei primi passi per consolidare la nuova teoria (chiamata Relatività
Generale) visto l’iniziale scetticismo degli scienziati (non possiamo
dare loro tutti i torti!). Oggi la teoria della relatività, in seguito
ad altre numerose prove scientifiche, è ben affermata e considerata (il
GPS funziona solo grazie alla relatività generale).
Mancava però
ancora una verifica sperimentale: le onde gravitazionali. La teoria
infatti prevede che oggetti in movimento producano delle increspature
spazio-temporali (in altri termini: il tappeto elastico viene
continuamente eccitato dalle masse che ci si muovono sopra) che si
propagano all’infinito (similmente alle onde elettromagnetiche). Ma
queste onde sono molto deboli, non producibili in laboratorio (dovremmo
avere oggetti pesanti più del sole). La caccia alle onde gravitazionali
iniziò negli anni ’60, quando il fisico Weber progettò e realizzò un
rivelatore a barra, che doveva misurare le onde gravitazionali
provenienti dall’universo. Un ventennio dopo, vennero progettati i
cosiddetti interferometri: rivelatori che sparano fasci laser lungo due
direzioni diverse. Misurando la differenza di percorso dei due fasci
laser si vuole registrare il passaggio di un’onda, ma la sfida è
veramente grande: si vogliono misurare variazioni di lunghezza di circa
un miliardesimo di miliardesimo di metro. Più piccole del nucleo di un
atomo.
Tuttavia un piccolo incoraggiamento c’è: negli anni ’70
Hulse e Taylor studiano un sistema binario, e scoprono che il tempo di
rotazione dei due oggetti diminuisce lentamente. Il processo è semplice
da capire: i due oggetti ruotano uno attorno all’altro, questo comporta
la produzione di onde gravitazionali che sottraggono energia al sistema
stesso. I due corpi quindi, perdendo una piccola parte di energia, si
avvicinano pian piano (molto piano) e quindi il tempo che ci mettono a
fare un giro è minore. Confrontando i tempi registrati con la previsione
teorica data dalla relatività generale, i due fisici trovano un accordo
perfetto! Si ha quindi una prova, seppure indiretta, che queste onde
gravitazionali esistano.
Servono comunque rivelatori molto
sensibili per rivelarle, e gli scienziati sono costretti a migliorare
sempre più gli interferometri per raggiungere l’obiettivo. I rivelatori
sono così sensibili che anche far cadere accidentalmente un martello nel
laboratorio crea un segnale di disturbo. Per questo vengono costruiti
più rivelatori sulla terra: i due LIGO in America e l’italiano Virgo
(mica potrà cadere contemporaneamente un martello sulla costa est ed
ovest dell’America), per dare più confidenza alla possibile rivelazione.
Gli sforzi vengono premiati, il 14 settembre 2015 (inaspettatamente potremmo dire…) viene rivelata la prima onda gravitazionale.
Nell’incredulità
e sospetto, le due collaborazioni LIGO e Virgo svolgono un’analisi
approfondita dell’evento (grazie alla lunga esperienza accumulata nel
corso degli anni) e stabiliscono che un evento di tal genere potrebbe
avvenire per casualità una volta ogni 200000 anni. Anzi, anche meno.
Inoltre, stabiliscono che l’onda gravitazionale è stata prodotta dallo
scontro di due buchi neri grandi circa 30-40 volte la massa del sole.
Due piccioni con una fava: prima onda gravitazionale della storia e
prima rivelazione diretta di buchi neri. A dicembre un secondo evento,
sempre due buchi neri, anche se stavolta più leggeri.
L’eccitazione
in tutto il mondo è straordinaria: l’astronomia gravitazionale sta per
iniziare! Ok, ma che ce ne facciamo? Dalle onde gravitazionali che
riceviamo possiamo tentare di risalire ai processi che le hanno generate
e studiare l’universo con un messaggero in più. Il Sole Domenica
18.9.16
Buchi neri, stelle a neutroni, supernove, eventi
esplosivi, e… chi lo sa… forse in futuro potremmo addirittura conoscere
meglio il Big Bang…