Il Sole Domenica 18.9.16
Dopo il bosone di Higgs e le onde gravitazionali
Fragile umanità in fragile Universo
La
fisica sta vivendo un momento magico. In un intervallo di tempo
relativamente breve, abbiamo avuto la fortuna di assistere a due
scoperte epocali, destinate a rivoluzionare in profondità la nostra
concezione del mondo.
di Guido Tonelli
La fisica
sta vivendo un momento magico. In un intervallo di tempo relativamente
breve, abbiamo avuto la fortuna di assistere a due scoperte epocali,
destinate a rivoluzionare in profondità la nostra concezione del mondo.
La
prima, la scoperta del bosone di Higgs, ha sciolto un enigma su cui la
fisica delle particelle, si interrogava da quasi cinquant’anni.
Ora
possiamo ricostruire davvero cosa è avvenuto, pochi istanti dopo il
Big-Bang, quando questa strana particella, così diversa da tutte le
altre, si è installata nell’universo primordiale, occupandone perfino
gli angoli più remoti. È passato soltanto un centesimo di miliardesimo
di secondo da quando si è sviluppata questa fluttuazione quantistica del
vuoto talmente speciale da assumere subito, in un tempo ridicolmente
piccolo, dimensioni macroscopiche; di colpo succede qualcosa che
deciderà il destino di quell’oggetto ancora incandescente per i miliardi
di anni a venire.
In quel preciso momento, una miriade di bosoni
di Higgs, che fino a un istante prima viaggiavano alla velocità della
luce, si condensano, cristallizzati per sempre in un campo onnipresente.
Il nuovo venuto cambia tutto. Rompe la perfetta simmetria che fino a
quel momento imperava nell’ universo intero. Separa per sempre la forza
elettromagnetica da quella debole con cui aveva marciato a braccetto
fino a poco prima. Le particelle elementari, che rimangono come
invischiate nel campo dell’Higgs, si differenziano fra loro a seconda
dell’intensità dell’interazione, e così facendo finiscono con
l’acquistare masse irrimediabilmente diverse.
In un battito di ciglia tutto è cambiato, per sempre.
Grazie
a questo sottile meccanismo la materia ha acquistato le caratteristiche
che ci sono così familiari. La specifica massa che hanno assunto gli
elettroni permetterà loro di orbitare stabilmente intorno a nuclei
carichi e si potranno formare atomi e molecole. Così si sono prodotte le
enormi nebulose gassose da cui sono nate le prime stelle e poi le
galassie, e i pianeti e i sistemi solari fino ai primi organismi
viventi, via via sempre più complessi, per arrivare, in ultima istanza,
fino a noi. Senza il vuoto elettrodebole, senza questa sottile
impalcatura che regge l’ enorme struttura materiale che chiamiamo
universo, tutto questo non sarebbe stato possibile.
Eccoci qua a
riflettere su questa meraviglia. Le cose, tutte le cose, hanno
acquistato la loro specifica forma grazie a questa sottile imperfezione
che ha rotto la simmetria perfetta delle origini.
Ma questo
equilibrio su cui si regge l’ universo intero è fragile. Se il bosone di
Higgs fosse stato più leggero dei 125GeV che abbiamo misurato, il vuoto
elettrodebole sarebbe stato talmente instabile che non ci sarebbe stata
nessuna evoluzione; la microscopica lacerazione, che si era aperta
pochi istanti prima, si sarebbe immediatamente richiusa e tutto sarebbe
finito prima ancora di cominciare. Sappiamo anche che, se in una lontana
galassia, per un fenomeno misterioso, si generassero energie miliardi
di volte superiori a quelle che si sviluppano in Lhc, il vuoto
elettrodebole potrebbe cedere di schianto. Con tutta probabilità la
lacerazione locale non rimarrebbe confinata e tutto svanirebbe in una
immane bolla di pura energia.
Da millenni l’umanità, un insieme di
esseri fragili e mortali che si muovono in un mondo materiale che
appare eterno, ha cercato di superare questa condizione. Da questo
anelito sono nate le religioni, le filosofie e le grandi opere d’arte;
produrre qualcosa che duri millenni, che sopravviva al breve ciclo della
vita di ciascuno di noi: un cerchio di pietre megalitiche, una
gigantesca piramide, un poema epico o una statua meravigliosa. Qualcosa
che sfidi il tempo e avvicini le opere dell’uomo all’immortalità della
terra, e degli astri celesti. La scienza ci dice che il nostro sistema
solare non sopravviverà ai 4-5 miliardi di vita residua della nostra
cara stella. Ora abbiamo imparato che l’intero universo si regge su un
equilibrio precario che si potrebbe rompere in un qualunque momento,
domani mattina alle 5:45 o fra quattro miliardi di anni.
La
ricerca scientifica più avanzata sembra indicarci una relazione fra la
precarietà della condizione umana e quella dell’universo nel suo
complesso. Come se la nostra fragilità di essere umani, corpi delicati e
complessi che possono essere annientati da uno stupido frammento di Dna
che impazzisce, o da una caduta dalle scale, fosse il riflesso, su
scala microscopica, di una precarietà cosmica che interessa tutto;
perfino le gigantesche strutture materiali che ci circondano e che, a
prima vista, sembrerebbero immortali.
La seconda scoperta, quella
recentissima delle onde gravitazionali, ha cambiato per sempre, la
nostra immagine dell’infinitamente grande. Fino a pochi mesi fa era una
delle tante previsioni teoriche; oggi sappiamo che forti perturbazioni
dello spazio-tempo producono effetti rilevabili a distanza di miliardi
di anni-luce, e abbiamo osservato, per la prima volta, un fenomeno
totalmente inaspettato. Esistono nel nostro universo sistemi binari
formati da grandi buchi neri, con masse nell’ordine di trenta masse
solari, che possono fondersi in un abbraccio catastrofico dopo aver
danzato in maniera forsennata a velocità prossime a quelle della luce.
Per la prima volta abbiamo registrato dell’ informazione, appunto le
onde gravitazionali, emessa direttamente da un sistema di due buchi
neri.
Con il bosone di Higgs e le onde gravitazionali si aprono
due nuove vie, diverse e complementari tra loro, per cercare di capire i
primi istanti di vita dell’universo. La cosa meravigliosa è che i due
approcci si parlano e sono consistenti. Ancora una volta, se si accetta
il paradosso, l’infinitamente grande sembra contenuto nell’infinitamente
piccolo.
I fisici sognano di migliorare la sensibilità degli
strumenti attuali, fino al punto di registrare le onde gravitazionali
fossili, quelle originate direttamente dal Big-Bang. Sappiamo che ancora
oggi fluttuano, intorno a noi, quelle impercettibili perturbazioni
dello spazio-tempo, residuo del turbinio di onde gravitazionali emesse
in quei primissimi istanti. Chi riuscisse a rivelarle potrebbe
ricostruire, in tutti i dettagli, quel momento straordinario. Per certi
versi il racconto della nascita del nostro universo echeggia ancora
intorno a noi: la sfida straordinaria che si è aperta è di riuscire a
percepire quel sottile bisbiglio che ci parla della nostra storia.