mercoledì 7 settembre 2016

Il Sole 7.9.16
Criminalità e affari.Il rischio-’ndrangheta per i rifiuti romani
Le rivelazioni dell’ex presidente Ama Fortini alla commissione parlamentare ad hoc:
«L’azienda può ancora essere infiltrata e questa non è propaganda»
di Roberto Galullo

ROMA L’audizione resa in Commissione parlamentare sul ciclo illecito dei rifiuti il 2 agosto dall’ex presidente del cda di Ama Daniele Fortini rivela che, a Roma, il rischio di infiltrazioni criminali nella gestione del ciclo di igiene urbana è molto alto. 
Fortini, di fronte al presidente della Commissione Alessandro Bratti, dirà che «quando affermiamo che l’azienda può essere ancora infiltrata da fenomeni criminali, non facciamo propaganda». Cita la società Pmr service srl del Gruppo Politi, preventivamente sequestrata – insieme a molte altre aziende che lavorano nel settore del ciclo dei rifiuti – nell’operazione Alchemia della Dda di Reggio Calabria, che il 19 luglio ha portato all’arresto, in Liguria, Calabria, Lazio e Piemonte di 40 persone – 34 in carcere, 6 ai domiciliari – accusate di essere affiliate o contigue alle cosche reggine “Raso-Gullace-Albanese” e “Parrello-Gagliostro”, indagati a vario titolo per associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società.
Pmr service gestiva la movimentazione dei rifiuti nelle vasche di trattamento meccanico biologico di Rocca Cencia e Salario. «È arrivata in Ama nel 2010 – dirà Fortini – ed è rimasta fino al 2015, con affidamenti diretti, senza gara, per la movimentazione dei rifiuti, il noleggio a freddo dei mezzi d’opera, una volta anche il noleggio a caldo, per un importo annuo di circa 900mila euro». 
Si tratta di una mansione delicata: la macchina operatrice che sta nella vasca dei rifiuti (una pala meccanica o una ruspa) è quella che raccoglie i rifiuti e li accompagna al trituratore. Ci può mettere un minuto ma anche sette volte tanto ma se va molto lentamente, l’impianto si intasa, si creano code e i rifiuti in strada non si raccolgono. Inoltre, se c’è un rifiuto particolarmente ingombrante, magari in metallo, e la pala meccanica non lo vede e lo mette nel trituratore, questo si spacca, per cui, dovendo essere riparato, le lavorazioni si bloccano. «Per questo, in questo tipo di impianti gli operatori in vasca devono essere dipendenti dell’azienda – afferma Fortini in audizione – che devono essere premiati perché fanno un lavoro disgraziatissimo ed essere riconosciuti nelle responsabilità e nelle attribuzioni: insomma, non possono essere dipendenti di qualcun altro».
Il tribunale del Riesame di Reggio Calabria con l’ordinanza dell’11 agosto, ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip il 14 luglio e ha disposto l’immediata restituzione di quanto sequestrato a Maurizio e Giuseppe Politi, con un provvedimento iscritto nel registro delle imprese il 26 agosto. Pmr service srl appartiene per il 67% ai due fratelli e per il 33% all’altro fratello Rosario, che è l’unico per il quale il Gip Barbara Bennato ha accolto la richiesta di arresto formulata dai pm Giulia Pantano e dal procuratore aggiunto Calogero Paci. Gli altri due fratelli sono solo indagati.
Quando nei primi mesi del 2015 l’allora direttore generale dell’Ama Alessandro Filippi visitò gli impianti e annotò la presenza di Pmr service, bandì una gara che permise di interrompere il rapporto. «Se avessero eseguito gli arresti nel gennaio 2016 o se la gara avesse avuto tre mesi di ritardo – ricorda Fortini – oggi Ama si troverebbe nella condizione di essere esposta, come è capitato ad altri, all’interno di un ciclone di un’inchiesta nazionale di ’ndrangheta, come un’azienda, minimo, disattenta».