Il Sole 7.9.16
Pensioni, contratti pubblici e Italicum: il «ritorno» di Renzi a sinistra
di Lina Palmerini
Dopo
la legge di stabilità dello scorso anno che riecheggiava le politiche
berlusconiane, dalla tassa sulla casa al tetto sui contanti, ora Renzi
sembra voler tornare indietro verso i ceti sociali tradizionalmente
legati al centro-sinistra. Ieri ha annunciato la nuova manovra con
misure soprattutto per i pensionati, dipendenti pubblici, insegnanti.
Dopo
la legge di stabilità dello scorso anno che riecheggiava le politiche
berlusconiane, dalla tassa sulla casa al tetto sui contanti, ora Renzi
sembra voler tornare indietro verso i ceti sociali tradizionalmente
legati al centro-sinistra. Ieri ha annunciato la nuova manovra con
misure soprattutto per i pensionati, dipendenti pubblici, insegnanti.
Inoltre
ha aperto sui cambiamenti all’Italicum. Un tentativo di ricompattare il
consenso a sinistra in vista del referendum. Difficile non vedere
nell’annuncio di Renzi un ritorno a “casa”. La nuova legge di Bilancio,
sulla base delle parole dette ieri dal premier a Porta a Porta, appare
come un tentativo di ritrovare una connessione non solo con l’elettorato
di centro-sinistra ma con i suoi punti di riferimento classici. I
sindacati, per esempio. Ma anche la minoranza del partito alla quale il
leader del Pd promette la disponibilità a cambiare l’Italicum in ogni
caso, anche con una pronuncia favorevole della Consulta. Insomma, dopo
l’inversione a U sulla personalizzazione del referendum, prova a fare un
passo più avanti piegando la linea politica del Governo verso il
perimetro tradizionale di sinistra.
E con le
quattro misure anticipate ieri, che saranno – dice – il cuore della
nuova legge di Bilancio, ridefinisce i confini del suo consenso. Meno
partito della nazione, più nocciolo duro di sinistra. E dunque
pensionati, dipendenti pubblici, insegnanti e quella parte di partite
Iva delle gestioni separate di cui fanno parte i lavoratori freelance e i
collaboratori che non hanno una cassa di previdenza. Un po’ di tempo fa
veniva definito il partito della spesa pubblica e si imputava al Pd la
responsabilità di alimentare un mondo che spingeva verso il deficit più
che verso il taglio e la riqualificazione della spesa corrente fatta,
appunto, di stipendi e pensioni.
Ieri Renzi
ha promesso un ritocco alle pensioni minime, citando non a caso
precedenti misure del Governo Prodi, la possibilità di uscite anticipate
verso la pensione, lo sblocco dei contratti pubblici, un bonus agli
insegnanti oltre che un intervento mirato sulle partite Iva. È chiaro
che in ballo c’è un consenso da riconquistare, ci sono elettori e voti
utili per l’appuntamento referendario. E c’è anche il ramoscello d’ulivo
teso ai sindacati. I primi destinatari di queste misure sono loro che
per anni hanno visto il blocco dei contratti nella pubblica
amministrazione e hanno chiesto misure sulle pensioni. Misure che
insomma parlano alla maggior parte degli iscritti Cgil, Cisl e Uil e che
rimettono in gioco il ruolo e la funzione sindacale. Sarà interessante,
anche su questo versante, vedere quale sarà l’impegno delle
confederazioni sul referendum.
Se lo scorso
anno Renzi voleva parlare all’elettorato moderato con l’abolizione
della tassa sulla casa o con l’innalzamento del tetto sui contanti,
misure targate Berlusconi, ora il solco ricorda di più i passati governi
di centro-sinistra. Una sorta di “rammendo” dopo le lacerazioni degli
ultimi anni, anche con la minoranza del suo partito. Alla quale offre
non solo una manovra meno berlusconiana ma anche un’apertura più
convinta sulle modifiche all’Italicum. Un’apertura che promette anche a
fronte di una valutazione positiva della Consulta affidando al
Parlamento l’ultima scelta.
Sullo sfondo
c’è il referendum e la scelta di compattare il centro-sinistra sul “sì”,
visto che c’è solo il Pd (e nemmeno tutto) sul via libera al quesito
mentre tutto il resto dei partiti ha organizzato la campagna per il
“no”. Ecco, la nuova manovra prova a mobilitare l’elettorato Democratico
visto che il rischio più grande – come si è visto anche alle ultime
elezioni – è l’astensione.