Il Sole 6.9.16
Berlino non arretra sui rifugiati
Nonostante la sconfitta elettorale, Merkel non cambia rotta: «Scelte giuste»
di Alessandro Merli
Il
cancelliere tedesco Angela Merkel si è presa la propria parte di
responsabilità per la sconfitta del suo partito, la Cdu, alla elezioni
regionali di domenica nel Meclemburgo-Pomerania, ma ha insistito di non
voler cambiare rotta sulla questione dei rifugiati, il tema su cui quasi
esclusivamente si è giocato il voto.
Contravvenendo alla sua
regola di evitare riferimenti a questioni interne quanto partecipa a
vertici internazionali, la signora Merkel, alla conferenza stampa finale
del summit del G-20 in Cina, si è detta ieri «molto scontenta»
dell’esito delle urne nel land della Germania dell’est dove lei stessa
ha il suo collegio elettorale, e ha ricordato «io sono il leader del
partito, io sono il cancelliere», ammettendo la necessità di ricostruire
la fiducia con l’elettorato. «Dobbiamo dimostrare che stiamo risolvendo
i problemi», ha affermato, ma ha anche ribadito che «le scelte che
abbiamo fatto negli ultimi mesi sono giuste».
In
Meclemburgo-Pomerania, i socialdemocratici della Spd si sono confermati
primo partito con il 30,6% dei voti, pur perdendo oltre il 5%, ma meno
del previsto, e il partito anti-immigrati AfD, Alternativa per la
Germania, con il 20,8% ha scavalcato la Cdu, scesa di 4 punti al 19
percento. Probabile una riedizione della grande coalizione a guida Spd.
Il
tema che ha dominato le elezioni, e che presumibilmente resterà in cima
alle preoccupazioni dell’opinione pubblica nei prossimi quattro voti
regionali (imminente quello del 18 settembre a Berlino, da sempre un
voto anomalo) fino alle politiche dell’autunno 2017, è quello del
massiccio arrivo di rifugiati, oltre un milione di persone lo scorso
anno, favorito dalla posizione di apertura del cancelliere. Una
posizione che ha subìto successivi ritocchi in senso restrittivo – e
anche ieri il cancelliere ha insistito più su rimpatri ed espulsioni che
sull’accoglienza – ma che ha creato la percezione negli elettori di una
“invasione” di stranieri, soprattutto di religione islamica, e di una
sottrazione di risorse ai tedeschi per destinarle ai nuovi arrivati.
Meglio
di tutti ha cavalcato queste paure l’AfD, ormai presente in 9 assemblee
regionali su 16 e stabilmente sopra il 10% nei sondaggi nazionali.
Difficile vedere come possa restare fuori dal Bundestag alle elezioni
politiche dell’anno prossimo, un traguardo che aveva solo sfiorato nel
2013. La presenza, per la prima volta nel dopoguerra, di un partito alla
destra dei democristiani e l’ulteriore frammentazione del quadro
politico rendono probabilmente indispensabile la partecipazione del
partito del cancelliere al governo anche nella prossima legislatura
(anche se possono complicare la formazione di coalizioni), ma accentuano
le pressioni su Angela Merkel.
Le più forti verranno da qui a
dicembre quando al congresso della Cdu a Essen la signora Merkel si
giocherà la ricandidatura a leader e a cancelliere per un quarto
mandato, che molti tedeschi, compresi diversi esponenti del suo stesso
partito, non sono più così sicuri di volerle accordare. Nella Cdu c’è un
certo nervosismo, fra gli alleati di Governo ancora di più. La signora
Merkel può contare però, oltre che sui suoi successi passati, che in
politica vengono spesso dimenticati rapidamente, sulla mancanza di una
vera alternativa. L’unica potrebbe essere rappresentata dal ministro
delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, molto popolare nella base del
partito, ma a 73 anni non è detto che voglia o possa accettare
un’eventuale investitura. Peraltro, il ministro ha sempre sostenuto in
modo convincente la linea Merkel sui rifugiati, dopo aver sollevato
inizialmente qualche dubbio sulle modalità dell’annuncio.