venerdì 30 settembre 2016

Il Sole 30.9.16
Il referendum, il rimescolamento tra destra e sinistra e lo zig zag di Renzi
di Lina Palmerini

La polemica di ieri si è accesa sull’intervista di Renzi al Foglio in cui dice che il referendum si vince con i voti della destra. La sinistra del Pd si è molto risentita, Roberto Speranza ha visto il rischio di un Pd che perde a sinistra e smarrisce l’anima, Gianni Cuperlo l’ha bollata come una brutta frase. In realtà questo tiro alla fune sulla contrapposizione destra/sinistra ha poco senso. È la stessa ratio del referendum che impone agli sfidanti del “sì” e del “no” di rincorrere i consensi della parte opposta per ottenere dal popolo quello che in Parlamento non ha avuto. Una delle critiche più aspre alla riforma costituzionale è infatti proprio quella di non aver avuto un’ampia convergenza delle forze politiche, di essere rimasta nel recinto della sola maggioranza senza aver convinto almeno una parte dell’opposizione. E quindi Renzi e i suoi hanno bisogno di interpellare e convincere gli elettori di quei partiti mentre l’opposizione - battuta dai voti delle aule – deve trovare il riscatto nel Paese. A entrambi i fronti che combattono la battaglia referendaria serve, insomma, superare le frontiere ed entrare nel territorio avverso.
La querelle ideologica, quindi, non sembra avere molto senso. Soprattutto se la sfida ha come oggetto la riforma costituzionale che non dovrebbe essere riferita solo a una parte e restare ostaggio delle contrapposte tifoserie. Tanto più perché il mescolamento dei voti tra destra e sinistra c’è già nei fatti. Basta guardare il fronte del “no” dove sono schierati da D’Alema a Berlusconi, da Fratoianni a Brunetta, da Di Battista a Parisi. Le barriere ideologiche sono già franate sulla base del merito della riforma o dei calcoli di opportunità politica che ciascuno dei protagonisti del sì o del no ha fatto.
Anche il referendum del 2001, quello sul federalismo, nasceva sulla base di una spinta che veniva dal mondo di destra - della Lega - ma che il Governo di centro-sinistra, prima guidato da D’Alema e poi da Amato, fece sua sperando di recuperare i voti in quell’area politica e geografica del Paese. Il punto è piuttosto come sta rincorrendo Renzi quei consensi. Se cioè quella voglia di vincere il referendum produce delle torsioni sul programma del Pd e del Governo come è accaduto quando ha riaperto i giochi sul Ponte dello Stretto.
In realtà, la tendenza renziana a fare cose di destra c’è già da tempo, ben prima del referendum. La scorsa legge di stabilità, per esempio, aveva al centro l’abolizione della tassa sulla casa che ricalcava la proposta del Cavaliere e che alla fine non è nemmeno servita a vincere le amministrative. Quest'anno invece il registro è cambiato e la traiettoria è più a zig zag, tra destra e sinistra. È stato appena raggiunto un primo accordo con i sindacati sulle pensioni, il premier ha annunciato il rinnovo del contratto del pubblico impiego e poi – a sorpresa – ci sono state le dichiarazioni di estrema cautela sulla riforma della giustizia. Nessun voto di fiducia, ha detto in sostanza Renzi, se la legge non convince il presidente dell’Anm Davigo. Tutto questo non può dirsi propriamente berlusconiano. Il fatto è che il “no” schiera destra e sinistra e al premier non resta che fare una doppia parte in commedia.