mercoledì 28 settembre 2016

Il Sole 28.9.16
Verso il referendum. Campagna al via domani, venerdì il premier affronta in tv Zagrebelsky, poi in tour per l’Italia e Leopolda a ridosso del voto
Renzi mobilita il Pd ma è rottura con la minoranza
di Emilia Patta

Roma «La verità è che quelli della minoranza del Pd stanno facendo molti danni, danni enormi». In questa strana campagna elettorale che si avvia solo ora nella sua fase calda, dopo la scelta della data del 4 dicembre per celebrare il referendum sulla riforma costituzionale, a risaltare è soprattutto la contrapposizione all’interno del Pd. Con Fi in attesa e con il M5S alle prese, almeno per ora, con le difficoltà di Virginia Raggi al Campidoglio e con la guerra interna di “correnti”, gli unici sostenitori del No visibili sono appunto i dirigenti della minoranza del Pd. Un tam tam contro la riforma del Senato e del Titolo V e contro il “combinato disposto” con l’Italicum che sta disorientando la base del Pd, ammette più di un renziano di rango, rischiando di portare via al Sì un 2-3 per cento. E tra Palazzo Chigi e Largo del Nazareno si è rafforzata negli ultimi giorni la convinzione che la rottura non sia più sanabile. «Se veramente avessero voluto cambiare l’Italicum, come sostengono, la scorsa settimana avrebbero votato la mozione di maggioranza che apre alle modifiche - è il ragionamento che fa un alto dirigente dem -. Ormai è chiaro che l’unica cosa che interessa loro è far perdere a Renzi il referendum per farlo fuori».
La campagna deve entrare ancora nel vivo e sia il premier che i dirigenti del suo partito, da Lorenzo Guerini ai capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda, si dicono convinti che vincerà il Sì e che altri scenari non sono da prevedere. Sono ancora molti gli indecisi e coloro che si dichiarano non informati (quasi la metà dell’elettorato) e una buona fetta di questi decideranno solo negli ultimi giorni. Quando la presenza in tv di ministri e dirigenti dem, e dello stesso Renzi, sarà più massiccia: già venerdì il premier si confronterà su La 7 con il costituzionalista del No Gustavo Zagrebelsky. Ed è disposto a confrontarsi con tutti, si fa sapere: da Massimo D’Alema a Silvio Berlusconi. Intanto domani lancerà ufficialmente la campagna per il Sì nella sua Firenze, iniziando un tour de force nelle città. L’edizione di quest’anno della Leopolda avrà i riflettori puntati sul referendum: non a caso si farà il fine settimana del 20 o del 27 novembre, a ridosso del voto. Tutti sono mobilitati, è il messaggio di Renzi ai suoi: parlamentari, ministri, dirigenti, volontari.
In tutto questo la minoranza bersaniana, ormai peril No, è vista come opposizione. E l’avvertimento che si sta mandando alla minoranza che fa capo a Pier Luigi Bersani (diverso il discorso su D’Alema, considerato in un certo senso già fuori dal Pd e con meno appeal nei confronti della base rispetto a Bersani) è chiaro: dimissioni o non dimissioni da Palazzo Chigi, in caso di vittoria del No Renzi resterà segretario del partito e le liste elettorali le deciderà lui. In caso di vittoria del Sì «saremo tolleranti come abbiamo fatto finora» - spiega un dirigente renziano - ma se dovesse vincere il No... «beh, allora il posto in lista se lo possono scordare».