martedì 27 settembre 2016

Il Sole 27.9.16
Il vero scoglio per Draghi è il clima elettorale in Germania
di Alessandro Merli

In un incontro dei giorni scorsi con i parlamentari democristiani, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, secondo quanto riferisce il quotidiano “Bild”, ha ironizzato che la Banca centrale europea ha un programma che si chiama Qe «e non so dirvi che cosa voglia dire», ma soprattutto ha sollecitato i suoi colleghi a mettere sotto il torchio il presidente della Bce, Mario Draghi, quando domani si presenterà al Bundestag davanti a una riunione congiunta di commissioni parlamentari.
Non c’è dubbio che l’audizione di ieri al Parlamento europeo non abbia rappresentato per Draghi che una sorta di tiepida prova generale per il confronto di domani, che si prospetta assai più aspro.
Non a caso comunque le domande più spinose sono venute dagli europarlamentari tedeschi.
Il clima politico in Germania, soprattutto dopo gli ultimi rovesci per i partiti della grande coalizione e in particolare per i democristiani del cancelliere Angela Merkel e di Schaeuble, non è certo propizio ai convenevoli nei confronti di Draghi. Del resto, il ciclo elettorale ha già segnato una volta quest’anno l’acuirsi di tensioni fra Berlino e il presidente della Bce, quando, dopo un’altra tornata negativa di voti regionali a marzo, Schaeuble lo accusò addirittura di aver favorito l’ascesa del partito anti-immigrati AfD. Allora, fu niente meno che il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che pure ha ripetutamente dissentito dal banchiere centrale italiano sulla politica monetaria, a rimbeccare il ministro.
Domani, al Bundestag, è improbabile che Draghi trovi molti difensori. Continua a dividerlo dalla politica, dall’opinione pubblica e dall’establishment finanziario della Germania la politica dei bassi tassi d’interesse della Bce, che, a detta dei tedeschi, penalizza le loro banche, assicurazioni, fondi pensione e risparmiatori. Questo resta il vero casus belli, perché tocca una parte importante della base elettorale democristiana.
Ma nelle ultime settimane si è aggiunto un altro motivo di contrasto: il richiamo di Draghi ad affiancare la politica monetaria con riforme strutturali e stimoli di bilancio da parte di quei Paesi che hanno spazio nei conti pubblici. «E la Germania ce l’ha», ha detto nella conferenza stampa dell’8 settembre. Ieri a Bruxelles ha solo parzialmente ridimensionato quest’affermazione sostenendo che non spetta alla Bce indicare né quanto né come debba esser fatto con la politica fiscale, ma ormai il dado era tratto.
Si tratta di un punto su cui la Germania si è trovata ripetutamente nel mirino delle istituzioni internazionali e dei partner europei e quindi particolarmente sensibile. Ma il Governo ritiene di aver già fatto molto nell’ultimo anno con l’aumento della spesa pubblica, diretta soprattutto all’accoglienza ai rifugiati, e che comunque l’economia tedesca, come dimostra il dato positivo di settembre dell’indice Ifo, pubblicato ieri e nettamente superiore alle attese, non ha bisogno di stimoli: viaggia vicino al potenziale di crescita e gode di una disoccupazione ai minimi degli ultimi 25 anni. Schaeuble ha comunque promesso anche tagli alle imposte sui redditi, a partire però solo dalla prossima legislatura e di entità tutto sommato modesta.
Davanti ai problemi incontrati sull’immigrazione, che sono stati la vera ragione dello sfondamento a destra di AfD, quella dell’economia è la carta forte del Governo di Berlino, che intende giocarsela fino in fondo nella lunga campagna elettorale da qui al voto dell’autunno 2017. Non c’è quindi alcuna predisposizione a un atteggiamento accomodante nei confronti di Draghi. E non è certo questa una fase in cui il Governo intende contraddire gli umori dell’opinione pubblica tedesca che solo per un terzo, secondo un recente sondaggio, dichiara di fidarsi della Bce.