Il Sole 27.9.16
Quando l’Europa tradì la democrazia
80 anni fa la guerra civile spagnola
di Valerio Castronovo
Ottant’anni
fa, il 29 settembre 1936, con l’instaurazione a Burgos del governo
golpista presieduto da Francisco Franco, ebbe inizio la guerra civile
spagnola, che è stata considerata, per il carattere che essa assunse di
uno scontro frontale fra le forze democratiche e quelle fasciste, il
preludio dell’immane conflitto poi scoppiato nel settembre 1939. In
realtà, la guerra che si combattè per quasi tre anni tra i franchisti e
il governo di Madrid, anche se complicò la situazione
politico-diplomatica in Europa, non giunse comunque al punto da
rappresentare un’incubatrice della seconda conflagrazione mondiale.
Essa
fu innanzitutto il risultato di una profonda crisi politica interna in
corso in Spagna da vari anni; da quando nel 1931 i partiti progressisti
avevano vinto le elezioni delle Cortes costituenti proclamando la
repubblica, per poi uscire sconfitti nelle elezioni legislative del
novembre 1933, in quanto presentatisi divisi nei confronti di una
coalizione sotto l’egida della vecchia classe dominante (composta dai
grandi proprietari terrieri, dall’aristocrazia nostalgica della
monarchia e da una parte consistente del clero). È vero che già allora
era comparso un movimento d’ispirazione fascista come la Falange; ma fu
un gruppo di alti ufficiali, dopo il trionfo nelle elezioni del febbraio
1936 del Fronte Popolare (che comprendeva repubblicani, socialisti,
comunisti e anarchici) a prendere l’iniziativa dando vita, fra il 17 e
il 19 luglio, a una sedizione contro il governo mobilitando le truppe
coloniali di stanza nel Marocco e con l’appoggio di alcuni presidî
militari nella Spagna metropolitana.
Gran Bretagna e Francia si
attennero successivamente alla risoluzione del “non intervento”,
sottoscritta il 9 settembre da ventotto Stati, fra cui pure l’Italia e
la Germania, sebbene Mussolini e Hitler avessero cominciato ad
assicurare il loro aiuto ai rivoltosi. Senonché Londra intendeva evitare
che la destra franchista avanzasse rivendicazioni su Gibilterra, mentre
Parigi temeva che i golpisti intralciassero i collegamenti con le sue
colonie nordafricane.
In pratica, soltanto l’Unione sovietica
decise di soccorrere la repubblica spagnola facendole giungere,
attraverso l’Internazionale comunista, munizioni e carburante, oltre a
un nucleo di tecnici e consiglieri militari: ma solo dopo che Berlino
inviò una squadriglia aerea (quella della “Legione Condor”, resasi
tristemente celebre per il bombardamento terroristico su Guernica
nell’aprile 1937) e Roma dislocò in Spagna un corpo di spedizione di
50mila uomini, accanto alle truppe di Franco.
Ciononostante il
governo di Madrid riuscì a reggere a lungo all’offensiva dei franchisti,
contando, oltre che su una parte delle forze armate rimasta fedele, su
un vasto appoggio popolare, garantito dai partiti e dai sindacati,
nonché sull’azione delle “Brigate Internazionali”, composte da volontari
antifascisti provenienti da molti Paesi e di cui facevano parte anche
esuli italiani (organizzati da Carlo Rosselli del movimento “Giustizia e
Libertà”, dal socialista Pietro Nenni, dal comunista Luigi Longo e
dall’anarchico Camillo Berneri). Inoltre il governo aveva mantenuto il
controllo delle regioni del Nord e dell’Est, quelle più dotate di
risorse materiali e impianti industriali.
Ad accreditare la causa
del Fronte popolare contribuirono numerosi e famosi intellettuali, tra
cui i pittori Pablo Picasso e Joan Miró, i poeti Federico García Lorca e
Pablo Neruda, scrittori come Arthur Koestler, Simone Weil, Paul Eluard,
Virginia Woolf, William Faulkner, John Steinbeck, Thornton Wilder,
Richard Wright. Altri parteciparono direttamente ai combattimenti, nelle
file delle Brigate Internazionali, come André Malraux, Ernest
Hemingway, W.H. Auden, Tristan Tzara, John Dos Passos, George Orwell.
Sta
di fatto che Franco riuscì nella primavera del 1938 a tagliare in due
il territorio della repubblica e a separare così Madrid dalla Catalogna.
Ma se Barcellona finì per cadere nel gennaio 1939 in mano ai
franchisti, fu anche a causa della decisione dei comunisti
filo-sovietici di annientare frattanto in un conflitto armato i gruppi
anarchici e i militanti del partito operaio di matrice trotskista.
Stalin avrebbe poi portato a compimento la propria vendetta nei
confronti di Lev Trotsky, l’ex condottiero dell’Armata Rossa durante la
rivoluzione e suo principale rivale politico, esiliato nel 1936,
facendolo assassinare nell’agosto 1940 a Città del Messico.
A
Franco non rimase perciò che concludere vittoriosamente la guerra nel
marzo 1939, ormai riconosciuto da Francia e Gran Bretagna rimaste da
sempre neutrali; e scatenare subito dopo una durissima repressione con
decine di migliaia di vittime che andarono ad aggiungersi al mezzo
milione di morti nel conflitto.