Il Sole 27.9.16
Realtà e percezione. Il populismo dell’Udc
A Berna il paradosso del «no» agli stranieri con disoccupazione al 3%
di Lino Terlizzi
Lugano
Il day after della votazione popolare ticinese che con il 58% ha
approvato il concetto di preferenza per la manodopera residente, e
dunque i limiti per i frontalieri italiani, è fatto soprattutto di
reazioni politiche fuori dai confini elvetici e italiani. E di
riflessioni in Svizzera sulla situazione del mercato del lavoro.
Margaritis
Schinas, portavoce della Commissione europea, ha affermato che il
risultato in Ticino «non renderà più facili i negoziati» già in corso
tra Bruxelles e Berna per affrontare le conseguenze del voto nazionale
elvetico che nel febbraio 2014 ha chiesto di porre limiti all’ingresso
di manodopera dei paesi Ue, entro il febbraio del 2017. Il presidente
della Commissione, Jean-Claude Juncker, incontrerà nuovamente il
presidente della Confederazione, Johann Schneider-Ammann, a fine ottobre
per continuare il negoziato e «trarre le potenziale conseguenze» anche
del voto in Ticino, che peraltro «deve essere ancora approvato» dal
governo svizzero.
In effetti la partita sulla libera circolazione
si gioca in sostanza tra Ue e Svizzera. Quello voluto dalla Udc, partito
della destra nazionalista che ha sostenuto con l’appoggio della Lega
dei ticinesi l’iniziativa in Ticino, è un segnale politico. Sul piano
pratico per ora le conseguenze non ci sono, perché contano le leggi
federali e perché tutto si inquadra nei negoziati tra Berna e Bruxelles.
In
Svizzera la Udc, che aveva proposto anche l’iniziativa del febbraio
2014, rivendica il successo politico in Ticino. Tutti gli altri partiti
criticano in vario modo le iniziative dell’Udc e rimandano al dibattito
in parlamento. Molti esponenti della politica e dell’economia
sottolineano la divergenza tra l’esito delle votazioni popolari e la
situazione del mercato del lavoro. Secondo la Segreteria di Stato
dell’economia (Seco), che si basa sugli iscritti agli uffici di
collocamento, la disoccupazione in agosto di quest’anno era pari in
Svizzera al 3,2% e in Ticino al 3,1%. Percentuali molto basse nel
confronto internazionale. Secondo l’Ufficio internazionale del lavoro
(Ilo), che si basa peraltro su sondaggi con un margine di errore del
20%, la disoccupazione nel secondo trimestre in Svizzera era pari al
4,3% e in Ticino al 6,2%. Percentuali superiori, ma comunque sempre
nella fascia bassa a livello internazionale.
Ancora nel secondo
trimestre, nella Confederazione le persone attive occupate (svizzeri e
stranieri) erano 5,03 milioni. I frontalieri erano poco più di 308 mila,
di cui circa 69 mila dall’Italia. Di questi, 62 mila erano attivi in
Ticino, che aveva nel complesso 232 mila occupati. È chiaro che la
presenza dei frontalieri si sente appunto nei cantoni di frontiera,
soprattutto Ginevra, Basilea, Ticino. Ci sono, in particolare in Ticino,
problemi legati ai salari in media più bassi dati ai frontalieri. Ma la
Svizzera ha necessità di manodopera estera e la situazione nel
complesso, secondo molti esperti, non è così tesa come apparirebbe dalle
iniziative che ora vogliono dare uno stop alla libera circolazione.