lunedì 26 settembre 2016

Il Sole 26.9.16
Grandi progetti
La Nuova via della seta non si ferma
Nel 2015 gli investimenti esteri cinesi in Eurasia sono cresciuti del 39%
di Rita Fatiguso

PECHINO Funziona la “One belt One road initiative” lanciata dal presidente Xi Jinping nell’ormai lontano settembre 2013 per ri-collegare i Paesi dell’Asia con l’Europa lungo la Nuova Via della seta?
La risposta è nel Report sugli investimenti cinesi all’estero, monitoraggio congiunto del ministero del Commercio, Istituto nazionale di statistica e Safe, l’Agenzia che si occupa della valuta estera per conto della Banca centrale cinese.
La “Road and Belt strategy” sta funzionando, a dispetto delle critiche ricorrenti che si appuntano sulla farraginosità del piano cinese, perché nel 2015 il flusso degli investimenti esteri cinesi nei Paesi e nelle regioni lungo la strada dell’Eurasia ha totalizzato il 13% del flusso totale degli investimenti, pari a 18,93 miliardi di dollari.
L’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 38,6% con un raddoppio del ritmo di crescita degli investimenti esteri. Entro la fine del 2015 oltre l’83,9% dello stock degli investimenti esteri cinesi è stato distribuito nelle economie emergenti, il 14% in quelle sviluppate e il 2,1% in quelle in transizione. Pechino si è concentrata con tutte le sue forze su questa visione, sfidando le critiche di chi sostiene che la “One belt” sia soltanto un modo per scaricare altrove il fardello della propria overcapacity per la quale la Cina è tristemente conosciuta in tutto il mondo.
Una parte di queste obiezioni trova riscontro nel fatto che molte aziende cinesi interessate all’area stanno creando branch dedicate, ma è anche vero che questa modalità è quella seguita da tutte quelle realtà che hanno commesse all’estero.
Per non parlare, infine, del ruolo della Banca multilaterale di sviluppo cinese, l’Aiib, che finora si è concentrata su molti Paesi dell’area della Nuova Via della seta, a cominciare dal Pakistan, firmatario del primo progetto cofinanziato dalla banca presieduta da Jin Liqun. Il corridoio pakistano è stato il primo segmento analizzato e “sfruttato” dalla Banca anche per le triangolazioni con l’area a nord-est della Cina.
E l’Italia? Anche il nostro Paese, per molti versi, potrebbe essere interessato a questo progetto strategico. Nei giorni scorsi alla Farnesina si è svolto, non a caso, un incontro in videoconferenza tra tutte le ambasciate italiane dei Paesi interessati alla “Road and belt initiative” che - come spiega Li Ruiyu, l’ambasciatore cinese a Roma, nel discorso pubblicato qui a fianco - può essere un driver importante nei rapporti tra Italia e Cina. Per non parlare della stessa Aiib, alla quale l’Italia ha aderito pienamente lo scorso 24 giugno, recependo l’atto di adesione e di cui è socio fondatore: in questo caso si aspetta solo un elemento, che le aziende italiane con un’expertise nelle infrastrutture o nell’indotto si facciano avanti per aderire a progetti finanziabili dalla Banca stessa.
La localizzazione geografica rappresenta sì un elemento difficile da superare – i progetti devono beneficiare aree in via di sviluppo in Asia -, ma all’Italia non mancano certo le competenze per lavorare in team in quell’area con partner straneri.