Il Sole 26.9.16
I nuovi confini del diritto e della civiltà
Chi
temeva o, viceversa, chi sperava che con l’introduzione delle “nozze
gay” ci fosse un boom di matrimoni arcobaleno deve fermarsi a
riflettere: i numeri sono piccoli
di Franca Deponti
Chi
temeva o, viceversa, chi sperava che con l’introduzione delle “nozze
gay” ci fosse un boom di matrimoni arcobaleno deve fermarsi a
riflettere: i numeri sono piccoli e le celebrazioni si trasformano
ancora in eventi mediatici, come è successo qualche giorno fa alla prima
unione civile officiata da Virginia Raggi, complice anche il cono di
luce oggi concentrato sulla sindaca di Roma. Nessuna corsa, dunque,
nessuno stravolgimento epocale della società.
Ma il confine che
segna l’avanzamento delle libertà e dei diritti è stato varcato anche in
Italia e le norme si stanno traducendo in fatti reali, dentro i destini
delle persone. Persone vere, in carne e ossa. Che ora, indipendemente
dall’orientamento sessuale, hanno diritto ad assistere il partner in
ospedale, a ereditarne sostanze e pensioni, a assere tutelati in caso di
rottura del legame. A essere, insomma, “coppia” di fronte al mondo.
Accantonato
il rabbioso accapigliarsi degli opposti schieramenti dello scorso
inverno - soprattutto sullo spinoso e irrisolto tema adozioni - varata
la legge Cirinnà, questo è il frutto concreto. E non si dica che è poco.
Il
bilancio dei numeri - sicuramente parziali dato anche che le norme
attuative hanno solo un paio di mesi - non racconta le vite dei
protagonisti. Né le difficoltà burocratiche dei Comuni che si sono
dovuti attrezzare come front-line delle nuove aggregazioni familiari,
compresa la registrazione delle convivenze e dei contratti di
convivenza. Ma le prime centinaia di unioni civili italiane fanno da
capolinea alla tormentata strada percorsa per arrivare qui. Dopo
l’Europa (quasi intera); 11 anni dopo la “cattolicissima” Spagna. E allo
stesso tempo disegnano il percorso che verrà, che non si può
conteggiare in chilometri.
Secondo un aforisma attribuito al
Mahatma Gandhi la civiltà di una società si misurerebbe da come tratta i
suoi animali. Aforisma ripreso e declinato (e bistrattato) in mille
modi: la civiltà dipenderebbe da come si trattano le donne, o i bambini,
oppure gli anziani o i malati. O i carcerati, o i gay. Il fil rouge è
però sempre lo stesso: la tutela delle parti deboli, delle minoranze.
Anche e soprattutto, quando la maggioranza non è d’accordo.