Il Sole 22.9.16
L’America divisa e l’eredità di Obama
di Mario Platero
Prima
una serie di attentati di matrice terroristica. Poi nuove uccisioni di
afroamericani, infine dimostrazioni notturne con copertoni bruciati e
violenze sui poliziotti. A quattro giorni dal primo dibattito
presidenziale la violenza - interna di matrice sociale e di matrice da
estremismo islamico - ha travolto l’America. Nel raccontare di questi
gravi incidenti non si può trascurare l’imminenza del primo scontro
diretto fra Hillary Clinton e Donald Trump, in cui si discuterà proprio
di temi di sicurezza. E la domanda ricorrente è sempre la stessa: questa
situazione di forte tensione andrà a vantaggio di chi, di Trump o di
Hillary?
La partita si giocherà nella diretta di lunedì sera. I
due candidati si stanno preparando, cercano di giocare d’anticipo,
Hillary dovrà reagire con fermezza agli attacchi aggressivi e
imprevedibili di Trump e Trump dovrà stare attento a non eccedere
colpendo con argomenti e tattiche che potrebbero diventare dei
boomerang. Ad esempio come è già successo alla fine della Convention
Democratica, quando attaccò la madre di un soldato musulmano ucciso.
Resta
il fatto però che almeno sulla carta i disordini e la violenza
dovrebbero avvantaggiare Trump. È lui che promette rigore assoluto
contro i terroristi ispirati dall’estremismo islamico, chiede
perquisizioni o interrogatori eseguiti in base ai «profili razziali» di
presunti sospetti: «Siamo in guerra e la guerra può essere brutta»,
dice. È lui che è sempre schierato dalla parte della polizia quando ci
sono scontri a fuoco con agenti che uccidono persone di colore.
E
negli ultimi giorni, prima a Tulsa in Oklahoma e poi a Charlotte in
North Carolina sono stati uccisi due afroamericani, Keith Lamont Scott e
Terence Krutcher entrambi presunti innocenti. Hillary dovrà prendere le
difese della comunità afroamericana già schierata con lei senza farsi
nemici tra le forze di polizia, che dispongono di potenti sindacati in
grado di mobilitare il voto molto più di quanto si riesca a fare nella
comunità afroamericana. Trump dovrà tutelare gli interessi della sua
base naturale fatta da molti poliziotti senza crearsi ulteriori nemici
fra le minoranze schierate comunque contro di lui. Su questo fronte la
battaglia sarà delicata e difficile ma il risultato potrebbe essere
neutro a meno di gravi scivoloni dell’uno o dell’altra.
La partita
è più complicata per gli attacchi del terrorismo. I democratici hanno
evitato di usare il termine terrorismo subito le esplosioni delle due
bombe, la linea è quella della persuasione, dell’educazione, del
coinvolgimento delle minoranze perché possano aiutare a identificare i
colpevoli; il rischio, dice Hillary, è rinnegare i valori americani che
proteggono tutte le religioni creando allo stesso tempo antagonismi fra
le comunità più deboli. Trump invece attacca senza pietà. Il pericolo
per Hillary è cadere nel buonismo mentre i cattivi sparano. Per Trump è
insistere troppo sul “racial profiling”. Perchè non basta chiudere le
frontiere: i fratelli Tsarnaev, esecutori dell’attentato alla Maratona
di Boston e Ahmad Khan Rahmani erano tutti americani, erano stati
persino interrogati dall’Fbi su segnalazioni dei servizi russi nel primo
caso e del padre di Rahmani nel secondo. Conclusione? Sia Rahmani che
Tsarnaev facevano parte di un gruppo sospetto di oltre mille persone.
Scovare l’ago nel pagliaio è difficile. E l’esito dell’inchiesta giudicò
entrambi «non pericolosi e senza legami con il terrorismo
internazionale».