Il Sole 20.9.16
L’affondo di Renzi contro l’Europa cerca un dividendo politico interno ma è rischioso
Perché
colpire la Ue ha anche l’effetto di alzare le aspettative degli
italiani su ciò che il premier, alla fine, porterà a casa. Qui sta il
punto.
di Linda Palmerini
Se per tre giorni di fila,
prima da Bratislava, poi da Roma e poi ieri da New York, il premier non
ha mollato la presa contro l’Unione, è chiaro che questo produce e
produrrà delle attese in chi lo ascolta. Perché si può alzare la voce
contro i tecnocrati europei, e anche contro la Germania e il suo surplus
commerciale, poi ricordare ai tedeschi quanti derivati hanno in pancia
le loro banche ma questa ostentazione di forza – alla fine – ha bisogno
di un gesto concludente. Al punto che viene il dubbio che tante liti non
siano che il preludio, l’arma dialettica preparatoria, per forzare la
trattativa sulla flessibilità e sforare molto più di quanto non ci
concederebbe Bruxelles.
Per la verità, la voce gira nelle stanze
di alcuni ministeri che si stanno occupando più da vicino della legge di
stabilità. Cioè che il premier voglia prendersi molti più margini
finanziari – ma restando entro il 3% - per dare una spinta a una
crescita sempre più fiacca e con deludenti dati sull’occupazione, come
quelli di ieri sui contratti indeterminati. Non è detto che passi questa
linea. Sembra che all’Economia le resistenze siano molto forti a
rompere con l’Europa e rischiare una sanzione ma di certo Renzi ha messo
già in campo un bel pezzo della sua offensiva contro Juncker e Merkel.
Come ha detto ieri, se gli altri leader europei ragionano
sull’immigrazione in chiave puramente interna guardando ai risultati
elettorali – a Berlino sono stati brutti per la Cancelliera – anche lui
ci vuole mettere del suo. E fare la sua scommessa referendaria fino in
fondo strapazzando l’Europa e forzando le sue regole, non solo
verbalmente.
È chiaro che è un calcolo rischioso. Un azzardo
nell’Unione dove metterebbe in discussione un equilibrio già fragile. Ma
è un azzardo pure in casa, dove tutto finisce - come un imbuto – nel
grande appuntamento elettorale sulla riforma della Costituzione. Oggi è
quel fronte politico l’urgenza del premier.
La data, anche se non è
ancora decisa, incalza e i risultati del Governo non danno spazio a una
campagna referendaria tonica. Non i dati sul Pil che sono stati rivisti
al ribasso, non il lavoro. E dunque la strategia principale di
accompagnamento al referendum sta diventando quella di alzare la posta
con Bruxelles. Almeno a giudicare da questi ultimi giorni di Renzi sulla
scena pubblica.
Ma al premier non basta l’invettiva anti-euro per
incassare dei consensi: è consapevole che lo spazio che si sta
ritagliando è pur sempre risicato rispetto a partiti che hanno come
priorità l’abbandono dell’Europa. Insomma, il bivio che ha imboccato
porta a dividendi politici solo se produce un negoziato fruttuoso con
Bruxelles o, al contrario, uno strappo eclatante. Il rischio per la sua
leadership è che i suoi attacchi colpiscano a vuoto.