Il Sole 20.9.16
Il caso Taranto. Per la morte sul lavoro dell’operaio di 25 anni
Tra le ipotesi di reato la cooperazione in omicidio colposo
12 indagati
Il governatore Emiliano: «Fermare la produzione»
I sindacati: non è la soluzione
di Domenico Palmiotti
Taranto
La Procura di Taranto indaga 12 persone per l’incidente di sabato
scorso all’Ilva, all'altoforno 4, nel quale ha perso la vita un operaio
di 25 anni, Giacomo Campo, dipendente dell’impresa appaltatrice Steel
Service. Cooperazione in omicidio colposo, è tra le ipotesi di reato
individuata dal sostituto procuratore Giovanna Cannalire, titolare
dell’inchiesta. Gli indagati sono rappresentani dell’Ilva e della Steel
Service. Figura di rilievo è il direttore del siderurgico di Taranto,
Ruggero Cola. Il magistrato ha anche incaricato Massimo Sorli, del
Politecnico di Torino, ordinario di Meccanica applicata alle macchine,
di accertare se l’operaio ha tenuto una condotta «conforme alle
procedure prescritte dal datore di lavoro e nel caso negativo se tale
condotta abbia determinato in via esclusiva l’infortunio o abbia
concorso a determinarlo».
La Procura ha intanto dissequestrato il
nastro trasportatore dell’altoforno 4 per consentirne la ripartenza ed
alimentare con la carica di minerale lo stesso altoforno, fermo da
sabato. Resta invece sequestrata la parte di nastro in fase di rimozione
perché tagliata e che deve essere sostituita. Oltre a ricostruire la
dinamica dell’incidente e ad accertare le responsabilità, la Procura
vuole anche capire cosa abbia determinato il taglio longitudinale del
nastro che l’Ilva ha accertato essere di ben 200 metri. «Sono
preoccupato – afferma il procurtatore capo di Taranto, Carlo Maria
Capristo – che ci siano attività interne ed esterne al siderurgico che
intendano compromettere l’ambientalizzazione. Faremo luce anche su
eventuali gesti scomposti»
Campo stava ripulendo il nastro dal
minerale quando è rimasto stritolato. I sindacati sabato hanno detto che
il nastro, benché fosse stata tolta l’elettricità, si è mosso
fisiologicamente una volta alleggerito del minerale perché,
preliminarmente, non era stata fatta intervenire la gru che avrebbe
dovuto sollevare il contrappeso. Sul punto l’azienda ha risposto
affermando che la gru interviene solo dopo l’attività di pulizia e
quando c’è da sostituire il nastro compromesso.
Per l’Ilva «alcuna
azione è stata anticipata rispetto alla predisposizione dei presidi
necessari volti a garantire lo svolgimento in sicurezza delle
lavorazioni». Inoltre «è possibile dedurre che il lavoratore fosse
particolarmente vicino alla banda di ritorno del nastro, di fronte al
tamburo di rinvio». E la «conseguente rotazione del tamburo», spiega
l’azienda, con «la progressiva rimozione del materiale», «ha
intrappolato il lavoratore».
Sull’Ilva, intanto, alza il tiro il
presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, annunciando che
chiederà «la revoca della facoltà assegnata ai commissari di far
funzionare l’Ilva a meno che il processo di ambientalizzazione sia
portato a termine e la messa in sicurezza della fabbrica sia
assicurata». Emiliano annuncia che domani, alla ripresa del processo in
Corte d’Assise a Taranto, avanzerà «una richiesta di sequestro dello
stabilimento chiedendo che la Corte rivaluti la questione di
costituzionalità dei decreti che impediscono la vigenza dei sequestri
sullo stabilimento». Risponde Marco Bentivogli, segretario generale Fim
Cisl: «Fermare lo stabilimento aggiunge solo altri problemi». Emiliano
«dovrebbe sapere che un impianto siderurgico a ciclo integrale non si
ferma dalla mattina alla sera e mi chiedo: quale sarà il reddito di
oltre 20mila persone con produzione ferma? Quali bonifiche? Abbiamo già
vissuto Bagnoli, chiusa nel ’98. Serve - conclude Bentivogli - che
ognuno faccia la sua parte e lo faccia presto. Anche per quello che
compete alla Regione».