Il Sole 19.9.16
Corsi e ricorsi storici
Le funeste divisioni dell’Europa
Di fronte a gravi minacce la Ue si comporta come l’Italia del Quattrocento
di Marco Magnani
L’Europa
di oggi ricorda l’Italia di fine Quattrocento. È confusa, divisa e
litigiosa, incapace di affrontare in modo coeso le grandi sfide. Allora
il pericolo era l’ambizione di Maometto II, bramoso di estendere il
proprio dominio alla penisola italica. Le signorie e gli stati italiani
dell’epoca, anziché far fronte comune contro l’invasore, continuarono a
rivaleggiare tra loro su piccole questioni di potere locale, vantaggi
economici di breve termine e miopi campanilismi. Solo l’improvvisa morte
del Sultano e il flagello della peste impedirono che l’Italia
diventasse una provincia dell’impero Ottomano.
Oggi le grandi
minacce sono terrorismo, crisi economica, immigrazione. Proprio come i
signori italiani del tempo, i leader dei Paesi europei appaiono divisi e
incapaci di approntare strategie comuni. Sono piuttosto concentrati su
questioni interne, timorosi di perdere consenso elettorale, ostaggio dei
sondaggi d’opinione, privi di visione e incapaci di esercitare una vera
leadership.
La storia, in forme e modi diversi, si ripete. E le
vicende del passato possono essere una straordinaria bussola, utile per
navigare il futuro. Ma la bussola occorre saperla maneggiare.
Le divisioni di fine Quattrocento
A
fine Quattrocento l’Italia è seriamene minacciata dall’espansione
dell’impero Ottomano. Maometto II, detto Fatih - il Conquistatore -, nel
1453 aveva preso Costantinopoli, la capitale dell’impero Romano
d’Oriente, e ne aveva fatta la sua capitale. La conquista della “seconda
Roma” rivestiva un grande significato politico. Come osserva Vito
Bianchi nel suo bellissimo “1480 Otranto. Il sultano, la strage, la
conquista (Laterza)”, chi occupa il trono di Costantinopoli è «l’erede
di Costantino il Grande, successore del basileus bizantino,
perfezionatore in pectore dell’opera giustiniana di riunificazione di un
antico e prestigioso impero scisso tra pars Orientis e pars
Occidentis». Forte di tale legittimazione, nei decenni successivi il
Fatih prosegue la politica di espansione con la mira di arrivare a Roma.
Lo sbarco nel 1480 nella penisola italica, il durissimo assedio e la
presa di Otranto, lo portano a un passo dall’obiettivo.
A fronte
di una tale concreta minaccia, l’Italia è lacerata da lotte intestine e
ogni Stato pensa ai propri interessi. La Repubblica di Venezia, attenta
soprattutto alla propria attività commerciale nel Mediterraneo, stringe
accordi di pace con i turchi. Lorenzo il Magnifico, scampata la congiura
dei Pazzi a Firenze, cerca di uscire dall’isolamento politico in cui si
trova in Italia e apre canali diplomatici con il Sultano. Ferrante di
Aragona, re di Napoli, ambisce a regnare sulla penisola, ha dispute con
Firenze e Venezia e rivalità con lo Stato pontificio. Papa Sisto IV, da
un lato, lancia appelli di unità ai sovrani cristiani per allearsi
contro l’invasore musulmano, ma dall’altro trama segretamente per
favorire l’ascesa politica e militare dei propri nipoti.
Le tre minacce d’inizio XXI secolo
L’inizio
del XXI secolo è stato caratterizzato da tre grandi minacce, che
riguardano tutto il mondo, ma che costituiscono sfide particolarmente
difficili per l’Europa: il terrorismo, la crisi economica e
l’immigrazione. In tutti e tre i casi emerge la fragilità dell’Europa e
la sua enorme difficoltà ad adottare strategie e politiche condivise.
Anche su temi cruciali come questi le divisioni e gli interessi
particolari dei vari Paesi - a volte addirittura di alcune parti
politiche - prevalgono rispetto a quelli comuni.
La minaccia del
terrorismo sta mostrando le difficoltà dell’Europa a collaborare in tema
di sicurezza. Il che dimostra quanto sia lontana l’ipotesi di una
difesa comune europea.
La crisi economica, anziché essere stimolo
per accelerare l’integrazione, ha ulteriormente allargato il gap tra
Paesi membri. Con momenti di tensione elevatissima, come è accaduto
sulla Grecia, sul ruolo della Bce, sull’unione bancaria, su Brexit.
Infine,
l’ondata migratoria, proveniente soprattutto dal Mediterraneo, ha reso
evidente come sia illusoria l’idea di un confine comune europeo quando
ogni paese si cura dei propri confini nazionali. L’Europa che voleva
abbattere i muri tra i Paesi membri oggi li sta costruendo.
Oggi come allora
Gli
Stati e le signorie italiane del Rinascimento, anche a fronte di una
forte minaccia esterna, non seppero mai veramente far fronte comune, ma
continuarono a rivaleggiare tra loro, conducendo doppi giochi e
stringendo alleanze per poi subito dopo tradirle. Analogamente, le
nazioni dell’Europa di oggi tendono ad affrontare con miopia,
superficialità e scarsa cooperazione i cambiamenti epocali che rischiano
di travolgerle. Oggi come allora l’attività diplomatica è intensa, le
proposte sono numerose, le consultazioni tra Paesi continue. Ma
difficilmente ne scaturiscono compromessi fruttuosi e linee comuni. Più
spesso ne emerge un’Europa che si mostra - al mondo esterno e ai propri
cittadini - con scarsa forza politica e interessi frammentati.
Lo
si è visto in politica estera nella gestione della situazione in Libia
nel 2011, in cui Francia e Regno Unito spingevano per i bombardamenti al
regime di Gheddafi, l’Italia prima si opponeva e poi si adeguava e la
Germania non partecipava pur facendo parte della Nato.
Anche nel
2014, a seguito della crisi ucraina e dell’invasione russa della Crimea,
l’Europa ha faticato a trovare coesione. Da un lato, l’Unione europea
decideva l’embargo per mettere pressione su Mosca; dall’altro, i suoi
leader politici incontravano separatamente Vladimir Putin per cercare di
tutelare gli interessi economici del proprio Paese. In campo economico è
evidente la divergenza di linea su grandi temi quali la crisi greca o
il salvataggio delle banche. Infine, sul tema dell’immigrazione si è
verificato un vero e proprio passo indietro con alcuni Paesi che hanno
tradito il trattato di Schengen e con esso lo spirito del progetto
europeo, che fa del libero movimento di persone tra gli Stati membri un
elemento fondamentale.
Quale soluzione?
Oltre cinque secoli
fa l’Italia fu “salva” non per meriti propri, ma perché Maometto II morì
improvvisamente nel 1481. Inoltre la peste aveva decimato gli ottomani
che occupavano Otranto, oltre alla popolazione locale, inducendoli a un
accordo e a lasciare la penisola.
Oggi i grandi rischi che
minacciano l’Europa non sembrano poter svanire all’improvviso. La crisi
economica, non del tutto superata, ha lasciato pesanti eredità sociali e
politiche che non saranno facilmente superabili. Il terrorismo continua
a colpire con sempre maggiore frequenza, mostrando la fragilità dei
sistemi di sicurezza. La forte crescita del numero di profughi, che va
ad aggiungersi all’immigrazione fisiologica di chi è alla ricerca di
migliori condizioni economiche, potrebbe continuare a lungo.
È
difficile quindi prevedere un evento singolo – come nel caso della morte
del Sultano o della peste - che ponga termine a questo “assedio” del
Vecchio continente. Tuttavia il comportamento dei leader europei a volte
sembra quello di chi cerchi di guadagnare tempo nella speranza che un
qualche episodio favorevole cambi il corso degli eventi.
La
tattica attendista questa volta non funzionerà. Se vogliono rimanere
attori protagonisti della politica e dell’economia mondiali, i Paesi
europei devono evitare gli errori degli Stati italiani di fine
Quattrocento, cercando elementi di coesione piuttosto che di divisione.