Corriere 19.9.16
Ora Trump cavalca le paure
di Massimo Gaggi
L’unica
certezza è che New York affronta da oggi la settimana più blindata
della sua storia. 150 capi di Stato e di governo — da Obama a Renzi — in
città per l’assemblea generale dell’Onu in piena offensiva anti-Isis in
Siria, avevano gia imposto uno spiegamento di forze di polizia e di
squadre antiterrorismo imponente. Dopo le bombe di sabato a Manhattan e
nel New Jersey sono stati chiamati altri mille uomini dalla Guardia
Nazionale e dalle polizie di altre città.
Fermezza, calma, una
città che non si fa intimidire: dietro gli slogan delle autorità, dal
sindaco Bill de Blasio al governatore Andrew Cuomo, c’è la realtà di una
città che ha reagito con compostezza al nuovo attacco. Nessuna scena di
panico generalizzato dopo l’esplosione di sabato sera, solo umana paura
e gli inevitabili, giganteschi ingorghi attorno alle zone chiuse al
traffico dalla polizia. Più le precauzioni chieste ai residenti
dell’area nella quale è stata trovato un altro ordigno inesploso: una
pentola a pressione, come nell’attentato alla maratona di Boston di tre
anni fa.
Gli investigatori non riescono ancora a capire la natura e
la gravità della minaccia. Il nuovo capo della polizia, già al
battesimo del fuoco al primo giorno del suo mandato, rivela che il suo
Dipartimento ha già sventato venti attentati. Ancora una volta si
conferma che l’«intelligence» Usa, efficace nell’intercettare trame
terroristiche internazionali complesse come il tentativo, scoperto
alcuni anni fa, di minare uno dei tunnel che collegano Manhattan con la
terraferma, non può esserlo altrettanto nel contrastare i lupi solitari
del terrorismo domestico.
La città, abituata a convivere con la
minaccia del terrorismo ormai da 15 anni, dal maledetto 11 settembre
2001, per ora reagisce con la compostezza evocata da de Blasio. L’altra
sera le mille luci di Manhattan non si sono spente, i ristoranti non si
sono svuotati, la metropolitana non si è fermata. Oggi la Sub-way sarà
di nuovo stracolma e tutti accetteranno di buon grado i posti di blocco,
le fortificazioni davanti agli alberghi delle delegazioni straniere, il
traffico impazzito per l’andirivieni dei cortei di auto dei leader di
mezzo mondo. La gente sa che Manhattan — un’isola densamente popolata,
meglio non dimenticarlo mai — ha una sua insopprimibile vulnerabilità,
ma ha fiducia nella capacità dell’«intelligence» di sventare almeno le
minacce più gravi.
I nervi saldi dell’America non significano,
però, che le nuove minacce non abbiamo conseguenze politiche. Donald
Trump ha parlato delle bombe di New York ancor prima della polizia e ha
subito cavalcato l’allarme provocato dal nuovo attacco: «Ecco perché
dobbiamo essere durissimi». Hillary Clinton ha, invece, preferito una
linea di prudenza istituzionale: «Aspettiamo l’esito delle indagini
prima di formulare giudizi». In termini logici ha ragione, ma la sortita
di Trump tocca corde emotive che anche stavolta potrebbero rendere il
suo messaggio più efficace di quello della candidata democratica.