Il Sole 15.9.16
LA RIFORMA UE DEL COPYRIGHT
Un passo nella giusta direzione e uno stimolo a innovare
Anche
nell’epoca digitale, la Commissione europea immagina i giornali
pensando alla “stampa”. Quella parola, dal sapore tecnologicamente
antico è ovunque nel progetto di riforma del copyright della Commissione
europea. E proprio alla difesa del mondo della “stampa” dalla
concorrenza delle piattaforme online si riferisce uno dei contenuti più
importanti dell’ipotizzata direttiva: l’introduzione del diritto di far
pagare la ripubblicazione sui motori di ricerca anche solo di due righe
tratte dagli articoli soggetti a copyright come fa Google News.
Continua pagina 4 Luca De Biase
Continua
da pagina 1 la direttiva proposta dalla Commissione europea si presenta
come un necessario adattamento del copyright alla trasformazione
digitale dell’industria che si occupa della produzione e distribuzione
di servizi di informazione e programmi di intrattenimento.
Il
contesto competitivo è cambiato radicalmente negli ultimi vent’anni e
continua ad evolvere. Nel giornalismo, un mercato globale da 130
miliardi, nel 2016 il fatturato da pubblicità scende al di sotto del
valore di vendite e abbonamenti, come registra Pwc. Nella musica, il
ritorno alla crescita dopo una ventina d’anni di quasi continua
contrazione è stato realizzato quest’anno con gli abbonamenti ai servizi
in streaming, mentre continua a diminuire la vendita di dischi e il
download di brani musicali, segnala Ifpi. Anche nel video le cose
cambiano, con le nuove piattaforme on demand che si aggiungono alle tv
in abbonamento per generare la crescita che da tempo le tv generaliste
non ottengono.
La convergenza digitale ha accentuato la
competizione tra industrie un tempo separate e suggerito un ripensamento
normativo generalizzato. Che la Commissione presenta dal punto di vista
della strategia di crescita con l’Agenda digitale. Ma che può anche
essere interpretato come una difesa degli interessi economici locali.
Non c’è dubbio, infatti, che la vicenda del “mercato unico digitale” sia
segnata dal protagonismo di tre grandi lobby: le telecomunicazioni, i
media e le tecnologie internet. Le aziende internettiane sono state
leader sul mercato negli ultimi quindici anni, sicché i volumi di
transazioni e gli utili si sono concentrati nelle piattaforme che
gestiscono informazioni, relazioni, servizi online. Le telecomunicazioni
hanno faticato ad adattarsi alla logica internettiana e sono state
spesso schiacciate nella funzione di commodity: mentre perdevano valore,
lamentavano la disparità regolatoria che le penalizzava nei confronti
delle piattaforme. I media, intanto, sono stati disintermediati dalle
piattaforme nella ricerca dei redditi pubblicitari e hanno difficoltà a
tenere il controllo del copyright: la lentezza nell’apprendere le
logiche di internet non ha aiutato.
Ma mentre sul mercato e nella
tecnologia vincevano le piattaforme, a Bruxelles gli editori si
battevano bene. Le telecomunicazioni non riuscivano a vincere la
battaglia della net neutrality, ma gli editori vincevano la battaglia
dei diritti connessi al copyright: sicché con la direttiva potranno far
pagare a Google News e agli altri aggregatori per la pubblicazione degli
“snippet”, quelle due righe di testo copiate dai loro articoli e che
servono al motore di ricerca per dare la notizia essenziale contenuta
negli articoli linkati. Sempre che Google voglia pubblicarli anche se
non sono gratuiti. Non è scontato, come mostra l’esperienza spagnola,
dove Google News è stato chiuso. E non è detto che serva, visto che in
Germania gli editori hanno preferito regalare gli snippet piuttosto che
perdere il traffico generato sui loro siti dai lettori provenienti dalle
segnalazioni di Google.
Alla fine ci vuole di più che una protezione normativa.
L’Europa
sta moltiplicando le decisioni contro le piattaforme americane, sui
temi delle tasse, della privacy, dell’abuso di posizione dominante.
E?sul copyright. Ma questo non basta a creare un terreno favorevole per
la nascita o la crescita di piattaforme europee: Spotify e BlaBlaCar
restano eccezioni.
Una direttiva per lo sviluppo dovrebbe peraltro
avere contenuti più ampi ed equilibrati tra gli interessi in gioco. E
in effetti contiene argomentazioni interessanti per ridurre la
segmentazione artificiale del mercato dei video tra i vari paesi
europei. E sottolinea i diritti dei ricercatori e degli educatori
nell’utilizzo dei materiali soggetti a diritto d’autore per le loro
attività. Manca una maggiore attenzione al pubblico dominio.
Ma se
ci si concentra sulla parte relativa ai giornali occorre osservare che
non saranno gli snippet a salvare gli editori se questi non investono
sull’innovazione digitale. La difesa della “stampa” non basta: il
giornale non è la sua carta e, casomai, il giornalismo è il suo metodo,
fatto per generare informazione di qualità, che è la sola speranza per
ricreare un modello di business sano. Una qualità che potrebbe essere
fatta valere meglio in un contesto mediatico che sta maturando il
bisogno di discernere nel mare magnum delle informazioni. Il che
richiede fiducia e investimenti. Un clima normativo favorevole agli
editori può aiutare, come stimolo per gli investimenti necessari a
lanciare una dinamica innovativa vera, coraggiosa e visionaria.
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Luca
De Biase