Il Sole 15.9.16
Rinvio, le tesi tecniche a favore e contro
L’Italicum
all’esame della Consulta. Escluso in un primo tempo il raccordo con il
referendum, ma si potrebbe «attendere » il ricorso di Perugia
di Donatella Stasio
Le
stanze sono ancora vuote, a Palazzo della Consulta. E i pochi giudici
di passaggio reagiscono con stupore alle notizie insistenti di un quasi
scontato rinvio della decisione sull’Italicum, prevista per il 4
ottobre. Finora non se ne è parlato e per molti è un’assoluta novità,
salvo per chi ha cominciato a ragionarci su. In teoria, la decisione
potrebbe anche essere presa solo dal presidente Paolo Grossi e dal
relatore Niccolò Zanon, ma è escluso che una questione così delicata non
venga discussa da tutti i giudici, in camera di consiglio, forse già la
prossima settimana. È ovvio, infatti, che un eventuale rinvio andrebbe
deciso prima del 4 ottobre e non il giorno dell’udienza, salvo che le
parti non lo chiedano e la Corte torni sui suoi passi.
Al momento,
però, le quotazioni di uno slittamento del verdetto a dopo il
referendum sembrano al ribasso, non foss’altro perché già ad aprile,
quando venne fissata l’udienza del 4 ottobre, la Corte si pose il
problema del raccordo o meno con la data della consultazione popolare ma
decise di andare avanti per la propria strada, autonomamente, anche se
il tam tam politico dava per certo che si sarebbe andati a votare il 15
ottobre. A Palazzo della Consulta l’agenda non subì cambiamenti, tant’è
che allora fu il governo a ipotizzare un anticipo del referendum al 2
ottobre. Pertanto, se la Corte ha escluso un coordinamento prima, perché
dovrebbe deciderlo adesso?
Certo, una motivazione ci sarebbe, e
cioè l’obiettiva difficoltà di valutare l’Italicum (cioè il nuovo
sistema elettorale della Camera) senza sapere quale sarà il sistema
elettorale del Senato. Se infatti al referendum vincesse il «no», per
l’elezione dei senatori resterebbe in piedi il cosiddetto Consultellum,
ovvero il sistema elettorale emerso dalla sentenza con cui la Consulta
bocciò il Porcellum. Il 4 ottobre, però, la Corte prenderebbe una
decisione “al buio”, mentre c’è la necessità di garantire due leggi
elettorali uniformi (per Camera e Senato), senza le quali verrebbe meno
la governabilità.
Per non contraddirsi rispetto alla precedente
decisione di non legare il proprio verdetto alla data del referendum, i
fautori del rinvio fanno leva sul terzo ricorso alla Corte, proveniente
dal Tribunale di Perugia, la cui ordinanza non è ancora stata pubblicata
in Gazzetta ufficiale e, quindi, non è ancora arrivata a Palazzo della
Consulta, dove sul tavolo ci sono soltanto quelle dei Tribunali di
Messina e di Torino. Se la Corte ritenesse opportuno il rinvio,
l’argomento tecnico utilizzato sarebbe probabilmente questo, cioè
l’opportunità di riunire, per «ragioni economia processuale»,
l’ordinanza di Perugia alle altre due, così da avere un quadro più ampio
delle contestazioni mosse all’Italicum. Una motivazione dietro la quale
si nasconderebbe anche la motivazione più politica del raccordo con il
referendum.
Ci sarebbe, infine, una terza, eventuale,
giustificazione di un possibile rinvio, legata a un’iniziativa
legislativa di modifica dell’Italicum. Non sarebbe la prima volta che la
Corte, nell’ottica di una leale collaborazione istituzionale, faccia
slittare una propria pronuncia perché la legge impugnata è oggetto di
una proposta parlamentare di modifica. A maggior ragione se la proposta
viene dal governo, come si vocifera da giorni a proposito dell’Italicum,
sebbene finora le voci non si siano materializzate in un disegno di
legge. Anche questa motivazione politico-istituzionale potrebbe essere
sottesa a quella, ufficiale, di aspettare il ricorso di Perugia.
D’altro
canto, proprio un’eventuale modifica dell’Italicum potrebbe invece
portare alla conferma della data del 4 ottobre. Dalla decisione della
Corte, infatti, potrebbero uscire indicazioni al legislatore, preziose e
cogenti per correggere la rotta, evitando scontri politici al calor
bianco.
Insomma, il capitolo rinvio è tutt’altro che deciso, ma se
una decisione in tal senso dovesse essere presa, verrebbe
verosimilmente giustificata con l’opportunità di aspettare l’ordinanza
di Perugia e non con altre motivazioni di carattere politico.