giovedì 8 settembre 2016

il manifesto 8.9.16
Stadio chiuso, arriva Renzi
Catania. Niente partita per la partecipazione del segretario dem alla Festa dell’Unità cittadina.La kermesse del Pd organizzata a Roma ha già registrato il flop della linea renziana. Tifosi rossoblù in rivolta
di Alfredo Marsala

CATANIA Sono imbufaliti i tifosi rossoblù. Domenica lo stadio «Massimino» rimarrà chiuso. Niente sfida con il Fondi, dovranno aspettare mercoledì per poter assistere alla partita del campionato di Lega Pro. Motivo? Questione di ordine pubblico. La gara era in programma alle 16.30, ma a Catania domenica pomeriggio ci sarà Matteo Renzi, che alle 18.30 salirà sul palco per chiudere la Festa dell’Unità.
Le forze dell’ordine saranno impegnate nei servizi di controllo a villa Bellini dove si svolge la festa, così la Prefettura ha disposto il rinvio della partita. Una decisione che ha destato scalpore e malumore in città tra gli appassionati di calcio che si sono scatenati sui social. «Non si gioca con i sentimenti», scrive il sito www.forzacatania46.com, secondo cui la scelta «non mortifica solo i tifosi, innamorati della loro squadra, ma una città tutta che all’udire di questa notizia si sente più sola, indifesa, abbandonata». «Che si aspetta Renzi che invece di andare allo stadio andiamo alle Festa dell’Unità? Se lo scordi», scrive Roberto su Fb.
Già, la Festa. Non proprio un bagno di folla. Anzi. Le tante sedie vuote da quando è cominciata (il 28 agosto) hanno creato non pochi imbarazzi allo staff, con i giovani dem costretti in alcuni casi a nascondere i cartellini e a trasformarsi nei carrarmati di Mussolini. È accaduto pure quando sul palco c’era il ministro Martina lunedì sera, peggio è andata nei dibattiti senza ospiti “illustri” con poche decine di persone ad assistere, per lo più militanti locali dei democratici annoiati e sbadiglianti.
Poca gente e stand semi-vuoti è stato il leitmotiv di una kermesse politica sottotono, con i venditori di panini e salsiccia spesso disperati dopo avere registrato la metà degli incassi programmati. Il clou di presenze si è avuto il 30 agosto, quando sul palco centrale è salito Massimo D’Alema, che ha ragionato sui motivi del «no» al referendum. Un boomerang per lo staff renziano che puntava proprio sulla Festa per arruolare «sì» e convincere gli indecisi. Invece, l’effetto D’Alema è stato devastante. Non c’è stato ministro e componente della segreteria di partito al quale non è stata rivolta la domanda su cosa pensasse della posizione di D’Alema. Un altro bagno di folla c’è stato per Luca Carboni. Il cantautore è riuscito a “rianimare” il pubblico che stava defluendo mentre parlava il ministro della Difesa Pinotti, richiamata dagli organizzatori perché stava sforando sui tempi. Non è andato male Angelino Alfano: i suoi sono stati abili a schierare i militanti del Ncd.
Il clima a villa Bellini da giorni non è dei migliori. Oltre alla disaffezione della gente verso la politica che è emersa in modo plateale, il Nazareno, che ha accentrato l’intera organizzazione, si ritrova a scontare qualche errore di troppo. Né la segreteria siciliana del Pd né quelle di Catania e di Palermo sono state coinvolte nella Festa, se non per qualche contributo sul programma. Per il resto c’ha pensato Roma, con costi, si sussurra negli ambienti dem, che alla fine risulteranno un po’ salati. Sono stati gli organizzatori a vendere gli spazi all’interno della villa, come quelli acquistati dall’ex senatore Mirello Crisafulli, che ha piazzato lo stand dell’Università rumena, quella tanto odiata dal ministro Giannini che nonostante provvedimenti amministrativi ed esposti in tribunale non è riuscita a bloccare. Qualcuno ha provato a far sloggiare Crisafulli, ma era troppo tardi. Sornione, l’ex senatore teneva in un cassetto il contratto firmato.
E poi c’è la questione delle beghe di corrente, che la Festa ha mostrato senza alcun ritegno. Non è piaciuta né a un pezzo dei renziani né alle altre anime dem l’eccessivo protagonismo del sindaco Enzo Bianco, il sempre presente. Padrone di casa, che poco spazio ha lasciato ai “compagni” di partito. «S’è giocato la candidatura alla presidenza della Regione», gongola un deputato regionale del Pd. «Perché invece di mettersi a disposizione del partito non ha fatto altro che passerelle, portandosi i ministri in municipio per fargli firmare il registro d’onore», aggiunge un altro parlamentare. Ma di prime donne ce ne sono state tante.
Come i due deputati piddini catanesi Luca Sammartino e Valeria Sudano, vicini al sottosegretario Davide Faraone, bravi a movimentare le claque quand’era il caso e a farle sparire quando sul palco saliva Bianco o qualche altro “avversario” di partito. Un gioco al “fotti-compagno” che ha finito per rovinare la Festa, di per sé un po’ noiosa, priva di confronti, piena di monologhi e scarsa di contenuti. Domenica tocca a Renzi. Prima di raggiungere Catania, il premier avrebbe voluto visitare l’hot spot di Pozzallo, cittadina in prima linea nell’accoglienza dei migranti ma da mesi denuncia l’abbandono da parte dello Stato. Appena ha saputo dell’idea del premier, il sindaco Luigi Ammatuna (centrosinistra) non ha esitato: «Renzi vuol venire a Pozzallo? Troverà il municipio chiuso».
Per riparare al flop catanese, il Pd starebbe meditando su un ritorno del premier in Sicilia a fine settembre, subito dopo la convention nazionale del M5s a Palermo (24-25 settembre). Il luogo? Si parla di Palermo. Questa volta, il pallino lo avrà il sottosegretario Faraone, pronto a prendersi la “rivincita” sul “rivale” Enzo Bianco.