il manifesto 7.9.16
I predicatori e il pulpito
Roma.
Il Pd capitolino è l’ultimo che può permettersi di dare lezioni alle
altre forze politiche, visto il disastro provocato con mafia-capitale,
con un terzo del partito «inquinato». Da parte loro, i 5Stelle fanno di
tutto per deludere chi li ha votati: approssimazione, superficialità,
disattenzione, arroganza, familismo, lotte di potere interne al
Movimento
di Norma Rangeri
Quello
che sta avvenendo a Roma, protagonista l’amministrazione capitolina con
la giunta a 5 Stelle, non è un grande spettacolo. È una tragicommedia
di livello medio basso che, se non avvenisse nel gran teatro politico
della Capitale, neppure prenderemmo in considerazione.
Ma
il Campidoglio oggi rappresenta un luogo nel quale si incrociano e si
scontrano i «vecchi politicanti» e gli ultimi arrivati, gli interessi
affaristici di ieri e quelli di domani, e dove, in parte, viene messa
alla prova la capacità del «nuovo che avanza» di misurarsi con problemi
amministrativi seri – Roma ha un deficit di bilancio enorme – e di
dimostrare di essere pronto a governare l’intero Paese.
Intanto
vorrei essere chiara su un punto che appare evidente anche ai più
sprovveduti: la rabbiosità del Pd che dopo aver perso il Campidoglio – e
solo per sua responsabilità avendo portato la giunta di Ignazio Marino
alle dimissioni – adesso vuole la rivincita. E si aggrappa a qualsiasi
appiglio per cercare di affossare la sindaca Raggi, accusando i 5Stelle
di essere incapaci di governare, inadeguati, bugiardi e quant’altro sia
utile per screditarli agli occhi dell’opinione pubblica che li ha
votati.
Bene: è giusto che una forza
politica che ha perso le elezioni si attrezzi per fare opposizione, con
tutti i mezzi leciti a disposizione. Tuttavia il Pd di Roma è l’ultimo
che può permettersi di dare lezioni alle altre forze politiche, visto il
disastro provocato con mafia-capitale, con un terzo del partito
«inquinato», con il comportamento indecoroso delle dimissioni
individuali dal notaio per far cadere Marino.
Se
adesso nella Capitale è necessaria una straordinaria opera di pulizia
(in tutti i sensi), buona parte della responsabilità va attribuita
proprio al Partito democratico.
Invece i
5Stelle romani stanno facendo di tutto per deludere una parte del
proprio elettorato (c’è chi non vede, non sente, non parla, nonostante
gli errori di questa prima fase amministrativa siano grossolani ed
evidenti), e anche chi pur non avendoli votati si è messo in positiva
attesa per vedere cosa sanno costruire nelle politiche del buon governo.
L’esperienza
si fa amministrando, tuttavia troppi errori si stanno accumulando:
approssimazione, superficialità, disattenzione, arroganza, familismo,
lotte di potere interne al Movimento.
Con
qualche scivolone che contrasta nettamente con la storia dei 5Stelle e
con i contenuti positivi della loro battaglia politica, efficace nel
farli apparire ed essere diversi dal resto della classe dirigente.
Perché
l’assenza di trasparenza, le fazioni, i sotterfugi, le furbizie li
fanno assomigliare sempre di più alla famigerata «casta» e sempre di
meno ai «cittadini». Perché gli interessi dei clan – denunciati anche da
Dario Fo – rappresentano la negazione della loro identità.
Perché
se propugni una diversa morale devi essere coerente. Perché se fai
battaglie politiche per imporre che non ci siano privilegi economici –
come è stato fatto per i parlamentari 5Stelle – non puoi difendere i
super stipendi del tuo capo di gabinetto o consentire che ad un altro
del tuo clan lo stipendio venga quadruplicato.
Il
senso civico, la voglia di trasparenza, una politica che mette i
governanti dalla parte dei governati, il bene comune sono stati alcuni
dei punti fermi che hanno permesso ai 5Stelle di vincere in alcune città
e di affermare la loro diversità.
Se per
strada il loro marchio di identità verrà smarrito diventeranno presto
come quelli che hanno voluto contrastare fin dalla loro nascita. E, una
dopo l’altra, le stelle si spegneranno.