il manifesto 30.9.16
Usa, le élite all’attacco dei prof della scuola pubblica
Fate
i Cattivi. Intervista a Mike Naison. L'attacco neoliberale è promosso
dalle fondazioni e dalle organizzazione no-profit da alcune delle
persone più ricche del pianeta: Bill Gates, Eli Broad, la famiglia
Walton, Michael Bloomberg. La nuova scena dei movimenti dei docenti,
genitori e studenti contro privatizzazione, scuola quiz e precariato di
nuova generazione
intervista di Tiziana Terranova
Mark
Naison insegna African American Studies e storia alla Fordham
University di New York. È un prof bianco che fa rap ed è appassionato di
insegnamento. Da anni è impegnato nella campagna della Badass Teachers
Association, un’organizzazione nazionale nata nel 2003 per fare voce
agli insegnanti stanchi di essere trattati da capro espiatorio dei
problemi dell’istruzione pubblica. A Mark racconto cosa sta accadendo
agli insegnanti italiani con la «Buona Scuola» di Renzi; esodi forzati
da Sud a Nord per quelli della primaria, poteri manageriali ai presidi,
stipendi bassi, precariato e burocratizzazione dell’insegnamento.
«È
davvero inquietante apprendere che in Italia ci sono gli stessi
attacchi contro i docenti della scuola pubblica che ci sono stati negli
ultimi 20 anni negli Stati Uniti – risponde – Nel mio paese questi
attacchi sono bipartisan, sostenuti sia dai democratici che dai
repubblicani. Sono diventati ancora più aggressivi sotto Barack Obama,
non c’è molta differenza rispetto agli anni di George Bush. Sono stati
promossi in maniera entusiasta dalle fondazioni e dalle organizzazione
no-profit da alcune delle persone più ricche del pianeta: Bill Gates,
Eli Broad, la famiglia Walton, Michael Bloomberg, oltre che dai nuovi
miliardari nati nella finanza.
Come hanno reagito i docenti americani?
All’inizio
sono stati colti di sorpresa dalla pura violenza di questo attacco.
Negli ultimi otto anni hanno iniziato a combattere e la resistenza ha
dato vita alla Save Our Schools Coalition, alla Badass Teachers
Association, United Opt Out e al Network for Public Education. Senza
contare gli innumerevoli gruppi di resistenza locale. Ma l’enorme
quantità di denaro e la forza politica muscolare di cui dispongono i
presunti «riformatori» della scuola rendono difficile la resistenza. I
«Riformatori» hanno cooptato il linguaggio della giustizia sociale e dei
diritti civili per giustificare le politiche che aumentano la didattica
per quiz e riduce l’autonomia e il potere dei docenti. Arrivano a
sostenere che la persistenza delle diseguaglianze economiche e razziali è
«colpa» dei docenti egoisti e cattivi.
Perché l’approccio basato sui dati che svaluta gli insegnanti ha guadagnato così tanto spazio nelle politiche educative?
Da
un lato, per un mero interesse economico. Il mercato dell’educazione
negli Stati Uniti è enorme, il fatturato supera i 600 miliardi di
dollari. Ridurre questo mercato agli investimenti privati è una
tentazione irresistibile per le élite economiche che hanno visto nel
mercato interno un’occasione per uscire dalle secche create dalla crisi
finanziaria globale. Investono nei test, nei loro software, nelle
imprese di consulenza educativa, in nuove scuole private che nascono
quando quelle pubbliche vengono chiuse. Questi gruppi hanno usato la
loro ricchezza per ottenere un’influenza politica a livello locale e
nazionale contribuendo alle campagne di candidati che appoggiano le
politiche di riforma della scuola. Esistono casi in cui persone spendono
milioni di dollari nelle elezioni locali per far vincere i loro
candidati non solo a sindaco, o a Washington, ma nei board delle scuole.
Il denaro e il profitto sono le potenze che ispirano le politiche
educative.
Perché funzionari pubblici eletti sostengono una tattica che atomizza gli studenti e stessa la scuola?
L’incentivo
è il taglio dei costi della scuola pubblica. Fare a meno dei docenti
esperti permette non solo di tagliare i costi diretti, ma le pensioni.
Loro credono che queste politiche servano alla carriera politica. È una
combinazione di fattori difficile da combattere perché la maggioranza è
corrotta. Ci vogliono molto tempo e grandi sforzi per eleggere sindaci,
governatori favorevoli all’istruzione pubblica. Sta accadendo, ma molto
lentamente. Noi siamo ancora all’inizio, loro lo stanno facendo da 20
anni.
Quali strategie di difesa avete adottato?
L’unica
tattica efficace è organizzare i genitori e gli studenti che rifiutano
di fare i test, i vostri quiz Invalsi. Negli Stati Uniti esiste un
sistema che costringe studenti e docenti a livelli di stress
intollerabili e annienta le attività molto amate come la musica, l’arte,
lo sport, le gite scolastiche e i progetti speciali che coinvolgono
ricercatori storici e scientifici. Questo movimento si chiama «Opt Out
Movement», lavora soprattutto nello Stato di New York dove il 22% degli
studenti si è rifiutata di sottoporsi ai test l’anno scorso. Il
movimento è riuscito ad ottenere la riduzione dei test per la
valutazione dei docenti e potrebbe anche ottenere la riduzione delle
scuole private e un ritorno a quelle pubbliche. L’approccio
all’istruzione dev’essere integrato e globale, permettere di creare
relazioni tra studenti e docenti, non obbligarli a rispondere a test. Il
movimento è partito dalle comunità della classe media e si sta
allargando a quelle della classe lavoratrice. Sta mettendo i
«Riformatori» sulla difensiva perché evoca un’immagine potente di quello
che la scuola dovrebbe fare: nutrire gli studenti e la pratica della
democrazia reale. Non voglio essere troppo ottimista, il movimento
rischia di essere raggirato. Comunque insegnanti e genitori non sono
stupidi e continueranno a battersi.
I movimenti
Fra le
organizzazioni di attivisti c’è Badass Teachers Association (Bat),
fondata il 14 giugno 2013, Priscilla Sanstead e da Mark D. Naison (che
però ne è uscito nel 2014). La «mission» di questa associazione è dare
voce ai docenti che si rifiutano di accettare valutazioni e test che
vengono dall’alto e aumentare l’autonomia dell’insegnamento, includendo
le famiglie in campo legislativo ed educativo rispetto alla scuola. Il
Badass Teachers Association può contare su una vasta piattaforma di
social media (Facebook, Twitter, sito web, blog), sui quali organizza
conferenze e lancia campagne di protesta. Network for Public Education è
un’altra «rete» attivista, fondata da Diane Ravitch e Anthony Cody nel
2013. Il suo obiettivo è promuovere l’istruzione pubblica e
salvaguardarla per le generazioni future, chiamando alla collaborazione
studenti, docenti, genitori e cittadini.