venerdì 30 settembre 2016

Corriere 30.9.16
Trump e la rana simbolo d’odio Così ha sdoganato l’ultradestra
«Pepe the Frog» è il cartoon utilizzato in rete dai gruppi razzisti e antisemiti
di Serena Danna

Nell’anno in cui il lato oscuro di internet — da Wikileaks agli hacker corrotti — è diventato un attore politico, una buffa rana con gli occhi grandi viene bandita per razzismo. Pepe the Frog, il personaggio del fumetto Boy’s Club , nato su MySpace nel 2005 e diventato uno dei meme più popolari di Internet, è stato inserito dall’Anti-Defamation League nel database dei simboli di odio, insieme alla svastica e alla croce bruciata del Ku Klux Klan. La decisione dell’organizzazione, fondata nel 1913 per combattere l’antisemitismo, c’entra con la controversa evoluzione della rana, che — da ironica figura condivisa sui social anche da pop star come Katy Perry e Nichi Minaj — è diventata la mascotte del movimento Alt-Right: una coalizione variegata di sostenitori della supremazia bianca, nemici giurati del politicamente corretto e del femminismo, che ha trovato su internet una enorme cassa di risonanza.
Sono stati loro a trasformare una rana scanzonata in uno strumento di propaganda politica con la benedizione di Donald Trump, il quale, più o meno consapevolmente, ha lasciato associare il suo nome e il suo volto a Pepe.
Un’ingenuità? Mica tanto. Il meccanismo scelto dai troll è quello del «dog whistle» (dal nome del fischietto che sentono solo i cani): si affida a un’immagine considerata innocua un concetto riprovevole — in questo caso il razzismo, la misoginia, l’anti-islamismo — in modo da favorirne la diffusione. Il candidato repubblicano, che nell’ottobre del 2015 ha riproposto un tweet contenente un Pepe in versione Trump, ha giurato più volte di non conoscere il legame con l’Alt-Right. È la stessa giustificazione usata dal figlio, Donald Trump Jr, che — in polemica con Hillary Clinton che aveva criticato gli elettori di Trump — ha condiviso online un fotomontaggio con la scritta «I deplorevoli», uomini bianchi della destra (alcuni molto cattivi) e, naturalmente, la rana.
Eppure Trump ha fatto suoi — in chiave light — alcuni dei temi che stanno a cuore al movimento, come il protezionismo, la nostalgia per il passato, il maschilismo. Senza dimenticare che Stephen Bannon, il suo nuovo campaign manager , è l’ex capo del sito Breitbart definito dallo stesso Bannon «una piattaforma per l’Alt-Right». La testata — conferma al Corriere della Sera Gabriel Sherman, autore della popolare biografia sull’ex capo di Fox News Roger Ailes — ha convogliato «gli elettori di Trump che vedono Fox News come l’establishment del partito repubblicano».
È proprio l’idea del tradimento degli ideali conservatori che riesce a unire gli esponenti del GamerGate — la campagna online di molestie ai danni delle donne dell’industria dei videogiochi — con gli islamofobi e i bianchi nerd frustrati. Se luoghi come 4Chan — il forum dove è nato Anonymous, responsabile della «radicalizzazione» di Pepe the Frog — restano gli habitat naturali dell’Alt-Right, Breitbart ne è diventata la voce «istituzionale». Non è un caso se il sito che in nove anni ha fatto fortuna con il cospirazionismo, definendo i migranti arabi e messicani «gang di stupratori», ha triplicato i suoi visitatori dall’inizio della campagna, raggiungendo i numeri (18 milioni di visitatori mensili) di Politico e di pilastri conservatori come The Daily Caller. «Più che un’azienda giornalistica — dice al Corriere Jeff Jarvis, docente di giornalismo alla City University — è un’organizzazione politica mascherata da azienda giornalistica». Il cui capo, nonostante la faccia di Pepe, è Donald Trump.