il manifesto 30.9.16
«Il socialismo del XXI secolo» nel programma di Jeremy Corbyn
Il
congresso. A Liverpool Corbyn è stato rieletto alla leadership del
partito con uno schiacciante 62% di voti. Un chiaro segnale ai
rappresentanti dell’«estremo centro», appena un anno fa ancora
indiscussi padroni di casa e che ora si trovano improvvisamente a essere
una minoranza confusa
di Leonardo Clausi
LONDRA
La metafora alpinistica l’ha usata proprio lui, nel discorso di chiusura
del congresso. È una montagna elettorale quella che aspetta il Labour
di Jeremy Corbyn, appena rieletto leader con uno schiacciante 62% dei
voti: impervia, tuttavia scalabile. E dopo un anno in cui i suoi
compagni di cordata – i deputati del Parliamentary Labour Party (Plp) –
hanno cercato di farlo precipitare in tutti i modi, il leader è un
arrampicatore più esperto. Il suo secondo discorso d’insediamento in un
anno alla platea di Liverpool è stata una faccenda assai più equilibrata
e lucida, e non solo perché ha imparato a usare il gobbo. Il Corbyn di
oggi, forte di un mandato inoppugnabile, è più lucido ed equilibrato. Il
minimo indispensabile di fronte alla possibile mossa da parte di
Theresa May di convocare a sorpresa elezioni anticipate l’anno prossimo,
per approfittare dello scompaginamento interno del principale partito
d’opposizione. È con questa sudata calma che ha enunciato il socialismo
soft (per il XXI secolo, secondo la sua definizione) del programma con
cui il Labour si presenterà alle prossime elezioni politiche, anticipate
o meno che siano. Un programma a base di massicci interventi pubblici
che ora andrà al vaglio del partito nel suo complesso, prima della
ratifica.
Con uno schiaffo in faccia al «pragmatismo» dei
moderati, tutti per l’introduzione di controlli all’immigrazione, Corbyn
ha ammonito dal fare promesse che non si possono mantenere,
riaffermando così la coerenza di certi principi della sinistra che con
troppa disinvoltura erano stati gettati fuori bordo. Anziché «seminare
divisione», ha invitato a intervenire con politiche di riequilibrio
delle retribuzioni in Europa, in modo da contenere la corsa ai salari
britannici e stanziare più denaro per servizi pubblici, come sanità e
istruzione, che sono più sotto la pressione del flusso migratorio.
Si
è anche soffermato sulla necessità di terminare la guerra di trincea
fra sinistra e moderati che paralizza il partito, riaffermando la
propria determinazione a eradicare il rischio di antisemitismo tra certe
fila di militanti. E ha reiterato le responsabilità di Tony Blair nella
catastrofe irachena, (dopo che il vice leader Tom Watson aveva ammonito
la platea dal criticare troppo l’eredità del binomio Blair-Brown), e ha
annunciato la fine della vendita di armi all’Arabia Saudita.
Altre
misure accennate nel discorso includono più soldi per l’edilizia
popolare, innalzamento delle tasse alle imprese per finanziare i costi
dell’istruzione universitaria – tanto ormai di risanamento del deficit
non parla più nessuno, nemmeno a destra – lotta dura alla reintroduzione
delle elitarie grammar schools annunciata dal governo May e al Trade
Union Act, che inasprisce le regole sindacali. Ma il nocciolo duro da
deglutire per i centristi filobusiness un tempo egemoni nel partito è
stata la chiara istanza antimercatista: «Il cosiddetto libero mercato ha
prodotto diseguaglianze grottesche». E ha aggiunto: «Il crash bancario
globale è una lezione di avidità e speculazione fuori controllo che ha
schiantato economie in tutto il mondo e ha richiesto il più grande
intervento del governo e di bailout pubblico della storia».
Un
chiaro segnale ai rappresentanti dell’«estremo centro», appena un anno
fa ancora indiscussi padroni di casa e che ora si trovano
improvvisamente a essere una minoranza confusa, livorosa e scarsamente
rilevante. E che al massimo può stare a guardare, sperando in un altro
fallimento del proprio stesso partito, diventato per loro
irriconoscibile. Del resto, l’ipotesi scissione appare al momento
impraticabile: cosi com’è, il sistema elettorale condannerebbe i
transfughi a una quasi totale obliterazione. l. c.